1965, Jerry Goldsmith pubblica lo score per “in harm’s way” di Otto Preminger, una produzione Paramount che per il compositore americano rappresenta un momento produttivamente alto della sua carriera, molti dei suoi capolavori arriveranno dopo questa data, nonostante lo si potesse già considerare un veterano della scena. Per il dramma bellico di Preminger Goldsmith costruisce una partitura complessa e già ricca di elementi rivelatori di uno stile che diventerà un marchio di fabbrica. Il Jazz di Goldsmith lavora sui volumi e sull’impatto orchestrale, ne sono un esempio brani come Liz in harm’s way che si muove sul solco del Walter Scharf più indiavolato, oppure The Rock, una delle marce à la Goldsmith che caratterizzeranno il suono “bellico” del compositore in colonne sonore come The Sand Pebbles, The Blue Max, Patton, MacArthur, First Blood e cosi via, ovvero la capacità di rendere la forma epica e autoreferente della marcia in un impasto orchestrale che sembra provenire dall’inferno, grazie ad una tensione continua. Anche la bossa irresistibile di Native Quarter non è da meno, infestata com’è da orientalismi e una ritmica cronometrica che anticipa i successi televisivi di Lalo Schifrin; Goodbye sembra prelevata, in anticipo, dal repertorio di un John Barry di almeno tre anni dopo, stessa cosa per Night on the Beach, splendido e minaccioso Jazzin’ di matrice Manciniana tra Mr. Lucky e Peter Gunn, distilla gli elementi più astratti e raggiunge risultati che alcuni compositori, anche tra quelli citati, raggiungeranno un po’ di anni dopo; The Rock and His lady è un’esempio principe di come Goldsmith usava l’orchestra, spingendola al massimo nel tentativo di raggiungere una tensione potentissima favorendo l’impatto e i climax piuttosto che lo sviluppo; è una marcia Bellica ancora una volta, ma il tentativo e quindi anche il risultato è quello di svuotarla di qualsiasi retorica cosi da non rimaner nelle mutande mentre la si ascolta. La loungerie di Hawaiian Mood è un intermezzo notevole che ricorda quanto Goldsmith era in grado di fare con i timbri di una strumentazione “exotica”. One Way Ticket è una lotta da incubo tra piano e archi, nella tradizione di tutto quello che sarebbe stato anche il repertorio “Spy” di Goldsmith, un brano potente, violento e astratto allo stesso tempo che insieme a Bernstein si è inventato il doppio sonoro dell’immaginario di registi come Preminger. Da non perdere, senza falsi clamori; ed è per questo che conviene affrettarsi presso lo shop Intrada; la benemerita etichetta presenta per la prima volta in Cd l’album completo rimasterizzato digitalmente e reso disponibile in uno stock di sole 3000 copie limitate.