L’opera prima di John Ridley come regista pur arrivando in un anno probabilmente favorevole per lo scrittore di Milwaukee, reduce dal lavoro sulla sceneggiatura per il 12 anni schiavo di Steve McQueen, incontra immediatamente enormi difficoltà a causa di un veto della Experience Hendrix LCC ad utilizzare i brani originali del musicista di Seattle. Ridley è quindi costretto a sviluppare il suo film tra il 1966 e il 1967, immediatamente prima della pubblicazione di “Are you experienced”, privilegiando tutto il repertorio di cover praticato da un Hendrix prima dell’esplosione del mito. Una forzatura sicuramente penalizzante per la costruzione di un racconto epico, ma che ha comunque il merito di privilegiare una dimensione più intima e meno conciliante rispetto alle strategie del biopic corrente, le cui aspettative più che disattese vengono consapevolmente rovesciate, non importa a questo punto se la causa è un limite imposto, perchè Ridley sembra concentrarsi sui rapporti affettivi e sull’ingenuità delle pulsioni rivoluzionarie osservate attraverso i comportamenti sociali minimi e privati.
Hendrix, interpretato da Andrè “2000” Benjamin, già front leader degli Outkast e qui impressionante “replica” del musicista afroamericano, viene osservato attraverso un indolente e spontaneo individualismo come possibile radice creativa della sua musica di là da venire, un’incessante necessità di esibirsi fuori da qualsiasi parametro morale, affettivo e anche divistico. Lo accompagnano due donne; Linda Keith, interpretata da Imogen Poots (splendida interprete dell’ultimo film di Peter Bogdanovich)ex modella prestata al management musicale, una volta fidanzata con Keith Richards e prima mentore di Hendrix, dalla sua esibizione nel Cheetah Bar di New York, fino alle prime esperienze con l’LSD e ai primi ingaggi Londinesi; sarà proprio Linda a presentare Hendrix a Chas Chandler (Andrew Buckley), primo bassista degli Animals e futuro manager degli Experience.
Il rapporto di Hendrix con Linda viene descritto da Ridley in tutta la sua ambiguità; una storia d’amore trattenuta, basata sulla stima reciproca e su una differente visione della vita, tutto il contrario della difficile ed esasperata storia d’amore con Kathy Etchingam, la fidanzata ufficiale del musicista interpretata nel film da Hayley Atwell.
Se si escludono alcune trovate di troppo che non riescono a prender vita e rimangono sostanzialmente sullo sfondo senza influenzare l’andamento del film nel bene e nel male, come i numerosi fermo immagine che presentano musicisti e personaggi famosi gravitanti intorno ad Hendrix in quegli anni, fino al tentativo di approntare un linguaggio “in stile”, tra jump cuts e found footage, rimane ben salda la sostanza intimista di tutta l’operazione, basta pensare anche a come Ridley affronta tangenzialmente il fermento politico pre-68 con un paio di episodi marginali come quello legato al confronto tra Jimi e Kathy con tre Bobbies londinesi contrariati dalla giacchetta militare del musicista, e il dialogo successivo tra Hendrix e Michael Abdul Malik conosciuto anche come Michael X, attivista stanziato a Londra alla fine degli anni ’60 che qui cerca di convincerlo a fondere la sua musica con la lotta per i diritti civili del suo popolo. In entrambi i casi, Hendrix viene descritto come un ribelle non riconciliato, ma assolutamente fuori dagli schemi rivoluzionari coevi; se la fidanzata lo rimprovera per essersi tolto la giacchetta sotto la pressione dei poliziotti Londinesi; all’insistenza di Michael X perchè diventi un’icona per la comunità africana anglofona risponderà: “Quando il potere dell’amore avrà la meglio sull’amore per il potere, allora le cose cambieranno“. Una visione cosmica che attraverserà tutta la vita del musicista di Seattle, incluse le suggestioni “aliene” a cui Ridley a un certo punto accenna esplicitamente. Del resto, la conversazione telefonica completamente “sconnessa” tra Jimi e il padre, dimostra l’attenzione di Ridley per gli episodi più intimi e meno epici della vita del nostro di cui il film è ricco.
Jimi: All Is by My Side non sarà probabilmente il biopic che i fan più accaniti si aspettavano, ma è sicuramente un piccolo film onesto, piccolo anche nelle dimensioni e nell’impostazione scelta, del tutto fuori dalle logiche di mercato del grande melodramma agiografico.