venerdì, Novembre 15, 2024

Jimmy’s Hall – Una storia d’amore e libertà: la recensione

Loach racconta una storia minima, presa dal basso, rischia la mediocrità, ma è un’aurea mediocritas

Orso d’ Oro 2014 alla carriera, ad un passo dagli ottanta anni, Ken Loach torna con la sua pensosa leggerezza a ricordarci, ancora una volta, che il coraggio di ricominciare parte soprattutto da sè stessi.
Per difenderti dall’avversario devi innanzitutto sorprendere te stesso” aveva detto qualche anno fa Eric Cantona, numero 7 del Manchester United, al suo Eric Bishop (Il mio amico Eric, 2009), e fu così che cominciò la risalita spettacolare verso il senso della vita del depresso cinquantenne ormai prossimo al suicidio.
Sulle note di un jazz d’importazione da un’America depressa che scorre in apertura con filmati di repertorio, Loach torna alla storia vera con Jimmy Gralton (Barry Ward), un intraprendente e belloccio giovane irlandese, attivista socialista di fede sicura, già partito per un esilio volontario nel ’21 alla volta degli States.

Aveva aperto, infatti, in un capannone della campagna irlandese immerso nell’erba che il vento accarezzava quando non sparavano fucili, la Pearse-Connolly Hall, una sala da ballo in cui divertirsi un po’ non sembrava essere un peccato mortale.  Considerato pericoloso in tempi in cui anche pensare era una minaccia all’ordine pubblico, ebbe vita difficile fin quando non decise di partire, lasciando madre e donna amata ad aspettarlo.
Tornò dopo dieci anni nella sua Contea di Leitrim, dove la vecchia madre viveva ancora e la sua donna aveva una bella famigliola con due bambini.

Gli inglesi nel frattempo erano andati via, una delle più furibonde guerre civili del XX secolo era ormai scoppiata, e il suo paese era ostaggio di preti e politici, degni successori degli ex occupanti.
Forse non avrebbe voluto farlo, forse avrebbe voluto chiudere con la politica e dedicarsi alla bucolica vita dei campi (lo vediamo infatti che taglia a mano l’erba con un’enorme falce) ma, si sa, il cuore di un leader batte sempre forte.

Fu così che, spinto da forte richiesta (i giovani del paese, bambini quando era partito, fiutavano in lui l’aria di tempi nuovi) riaprì la sala, inaugurandola con un miracolo della tecnica e dell’ingegno umano, un meraviglioso grammofono portato dall’America.

Dalla straordinaria tromba verde che il genio di Edison aveva applicato al suo fonografo per l’ascolto collettivo, si diffusero le note di una musica sconosciuta, che metteva addosso voglia di vivere e ballare. In un’audace ma fertilissima convivenza con le tradizionali ballate celtiche, gli abitanti di Leitrim scoprirono, ballando ballando, altre attività cosiddette ludiche, disegno, boxe, scrittura creativa ecc., e fu così che tanti capirono che al mondo c’era altro che “credere, obbedire, combattere”. Purtroppo l’allegria non è cosa che piace al potere e, in effetti, fa più vittime di una bomba.

Fu così che l’arcigno reverendo Sheridan cominciò a tuonare dal pulpito contro i demoni tentatori, i movimenti pelvici di scandalosi balli seguiti da scorribande notturne di donne perdute e maschi assatanati mentre i dignitari del paese, da parte loro, videro minacciate solide rendite di posizione insieme all’onore delle proprie  brave figliole. La Pearse-Connolly Hall fu così additata come sentina di tutti i mali del mondo e, in effetti, lo era. In quel posto si stava insieme, si parlava, si pensava, si leggevano libri, i poeti saltellavano sul pavimento di assi polverose a recitar versi stupefacenti, la rivoluzione era alle porte, ma quella vera, quella che nessuno ha mai fatto.

Bisognava eliminare definitivamente quel diavolone di Jimmy, e così fu. Preso a forza da casa (dopo aver accuratamente mandato a fuoco la sala da ballo) fu spedito in America e da lì non potè più tornare. L’Irlanda, non paga di tutti i suoi disastri, pensò bene di dotarsi di un unico esiliato, l’irlandese Jimmy Gralton che voleva far ballare un po’ i suoi compaesani.

Loach racconta una storia minima, presa dal basso, pochi attori, il gruppetto di paesani che fa da coro e Jimmy che non ha nulla dell’eroe dei due mondi, pur tornando dall’America. Jimmy è un povero diavolo che la storia ha preso in mezzo, costretto a confrontarsi con l’ottusa e bruta forza del potere che odia il nuovo, il diverso, chi porta la luce dove domina il grigio.

Dunque Loach adegua il tono, dosa i colori, rischia la mediocrità. Ma è un’aurea mediocritas, la sua, quella della banale vita quotidiana che le tempeste della grande storia frantumano, schiacciano, annullano, circondate dal silenzio e vinte dall’impotenza. Una storia d’ amore non ha avuto corso, un figlio è stato strappato alla vecchia madre, ragazzi allegri e appassionati sono stati delusi dai loro padri, l’erba verde d’Irlanda è stata ancora bruciata dal fuoco. Tanta retorica era in agguato. Loach, come sempre, glissa sorridendo. Sembra dirci che solo storie così  possono essere raccontate, al cinema. Nella realtà è proprio così, infatti, mentre il popolo va avanti. Perché, come sempre, la working class andrà in Paradiso.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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