venerdì, Novembre 22, 2024

Kedi – La città dei gatti di Ceyda Torun: la recensione in anteprima

A Istanbul, il gatto è più di un semplice gatto. Il gatto incarna il caos indescrivibile, la cultura e l’unicità che è l’essenza della città“.
Y. Barlas

La trasformazione culturale e sociale della Turchia odierna attraverso gli occhi del popolo felino che, ormai da migliaia di anni, convive con la gente della storica Bisanzio: queste le intenzioni narrative della regista Ceyda Torun, al suo esordio cinematografico con un documentario. Un proposito rispettato nel suscitare l’anima attuale di una città in trasformazione, nel profilo di un dettaglio culturale non marginale ma che si attesta come realtà esemplare e identitaria di una capitale dalla forte personalità.
I gatti non sono semplici animali domestici per i cittadini ma parte integrante della metropoli, da accudire e salvaguardare mantenendo intatta la loro natura indipendente, complici di un aiuto reciproco consolidato.
Ci troviamo così ad indagare e scoprire l’indole dei protagonisti con la dolcezza di Sari e  Bengu, il cacciatore di topi Aslan Parcasi, il forte temperamento di Psikopat e Gamsiz e, in ultimo, le mascotte teneramente amate, rispettivamente di un mercato e di un ristorante, Deniz e Duman.
Concrete star della pellicola, ne scrutiamo il carattere e il vissuto quotidiano, partecipi le testimonianze di chi li conosce e ne comprende ormai le sfaccettature e l’importanza che, in tantissimi anni, hanno guadagnato nella vita di ogni abitante.

Due mondi, quello selvaggio e quello domestico, si contrappongono con armonia nella vita dei migliaia di gatti che vivono a Istanbul. Intere comunità li hanno amorevolmente adottati prendendosene cura e arricchendosi della loro presenza. Un itinerario felino, quello dipinto in Kedi – La città dei gatti, come specchio delle persone e delle anime stesse che attraversano il luogo.

Ogni volta che mi capitava di tornare a Istanbul trovavo la città sempre meno riconoscibile ad eccezione di una cosa: i gatti, unico elemento costante e immutato che incarnava l’anima di Istanbul. Questo film è, per molti versi, una lettera d’amore a quei gatti e alla città“.
Parola della regista Torun, alle prese con un progetto insolito e originale che non conosce precedenti degni di nota sul tema. E che, per tale ragione, merita un occhio di riguardo nel comprenderne la visione che si permea di tratti autobiografici e sociali attraverso un concreto affetto riservato nel tempo.

L’unicità di come i gatti vengono trattati nel capoluogo turco, nel prendersene cura pur consentendo loro di mantenere la propria indipendenza, presenta un quadro della cultura del posto e dell’approccio alla vita. Un orientamento teso alla salvaguardia dell’autonomia, di un amore sincero che vede nella libertà la maggiore espressione di quest’ultimo.

E’ lo sguardo ipnotico di questi felini, ognuno con le proprie peculiarità caratteriali, a svolgere un tramite che si coniuga di temi pregnanti che non coinvolgono solo l’amore ma anche la gioia e la perdita, la solitudine e l’appartenenza. Un racconto difficile nella sua gestione tecnica intesa a riprendere la quotidianità dei protagonisti nei loro infiniti spostamenti tra viottoli e cuniculi, ma che rende perfettamente l’idea originaria nel porre un inedito filtro nella narrazione di una verità popolare poco nota e che delega un profondo valore sentimentale al lavoro sincero operato dalla regista.

Redazione IE Cinema
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