martedì, Novembre 5, 2024

La grande illusione di Jean Renoir: la versione restaurata, al cinema

Maréchal é il sano, vigoroso uomo del popolo su cui la guerra passerà stritolando. Ma per ora la sua carica vitale é intatta e incrollabile il desiderio di futuro. Sguardo divertito sul mondo, anche nei momenti più difficili, é suo il magnifico sbadiglio che, con quello più contenuto di de Boeldieu, lo fotografa all’inizio in una specie di araldica iconostasi, con al centro il soldato tedesco dal viso di buon padre di famiglia, mentre la solenne iconografia legata da secoli alla guerra e alla sua rappresentazione si va frantumando in piccolissimi pezzettini. Ancora a lui appartiene quel rifare il verso, “Streng Verboten!”, al tedesco che legge gli ordini ai prigionieri nel cortile. In quel campo dove la disciplina ha maglie molto larghe e carcerati e carcerieri sembrano solo esseri umani, capitati là per uno di quei balordi scherzi della Storia che spesso costringono a riavvolgere il film delle vicende umane, s’incontrano anche i resti di un ancien régime che sta intonando il suo de profundis. Sono il barone de Boeldieu e il maggiore von Rauffenstein (Erich von Stroheim), severo ufficiale tedesco a capo della fortezza in cui arriveranno i tre francesi (Maréchal, de Boeldieu e Rosenthal) particolarmente distintisi per acrobatici, numerosi e pittoreschi tentativi di fuga.
Sulla lettura dei capi d’imputazione ai tre prigionieri un sorriso impercettibile increspa le labbra del maggiore. Il grande von Stroheim ha tutto, presenza, portamento, ferite di guerra in bella evidenza, ma non sembra un tedesco. O, potremmo dire, sembra un tedesco dal volto umano. La sua performance è di quelle che segnano tappe nella storia del cinema: “Se faccio del cinema è in gran parte colpa di Stroheim – dichiarò Renoir – il quale condivide questa responsabilità con Charlie Chaplin e D.W.Griffith. Stroheim mi ha insegnato moltissime cose, ma il più importante dei suoi insegnamenti, forse, è che la realtà non ha valore se non è trasfigurata. Più tardi ho avuto l’onore di averlo come interprete del mio film La grande illusione. Egli fece di tutto per farmi dimenticare che era uno dei profeti del nostro mestiere.Gliene sono riconoscente, ma assai meno che per quelle poche essenziali lezioni che mi aveva dato da lontano, una ventina di anni prima.

E’ forse il tema più forte del film, quello delle differenze e delle alleanze che separano e uniscono, in pace e in guerra, e mai si integrano, nonostante tutto. L’incontro dei due uomini che l’appartenenza di classe rende solidali e contigui, al di là delle barriere nazionali, ma divide dal resto della società che Maréchal esprime, è espressione di un mondo che sta declinando, ma che tuttavia resta fedele fino in fondo ai suoi codici di rappresentazione della realtà.
Anche se spesso intorno ad un tavolo a mangiare e chiacchierare cordialmente, anche se tra i due ufficiali e il resto della truppa c’è rispetto e stima reciproca, le separazioni si ripropongono costantemente e sono evidenti sul piano linguistico, nella gestualità minima quotidiana, nel sottile disagio e in quella specie di soggezione che frena un’integrazione totale. “Ci conosciamo da diciotto mesi e ancora ci diamo del voi!” esclama con irruenza Maréchal, e de Boeldieu risponde con suprema nonchalance: “Do del voi anche a mia moglie”.

Ma siamo alla fine di un’epoca, e loro lo sanno. Sta arrivando sul piano inclinato della Storia un cambiamento totale e von Rauffenstein si chiede se ne valesse la pena. Ma non si aspetta una risposta. Forse “sono i regali della Rivoluzione Francese”, come dice, o forse è il normale cammino dei tempi, non resta che guardare agli eventi col distacco opportuno. A de Boldieu toccherà una morte accettata con la serena coscienza di aver ubbidito fino in fondo al codice d’onore proprio e della propria classe, a von Rauffenstein toccherà una sorte più dolorosa, quella di sopravvivere in un tempo che non ha più posto per lui, mentre il Quarto Stato marcia vittorioso verso la sua libertà.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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