martedì, Novembre 5, 2024

La Papessa di Sonke Wortmann (Gb, Ger, Ita, Esp 2009)

Johanna nasce ad Ingelheim, un villaggio della Franconia carolingia (siamo ai primi dell’ anno 800). Figlia del pastore della comunità, violento e dissoluto è devotissima al fratello maggiore, futuro allievo della prestigiosa scuola benedettina del vicino monastero di Dorstadt. Dotata di intelligenza fuori dal comune apprende dal fratello le prime nozioni di greco, latino e teologia, scoprendosi subito travolta da una vigorosa fede in Dio. Alla morte del fratello per una grave malattia, è lei però, ad insaputa del padre a prenderne il posto presso la scuola del monastero, nel quale viene messa subito in evidenza la sua diversità. Essendo donna, vede precludersi quella che era la sua ambizione. Diventare serva di Dio, per raggiungere la conoscenza e aiutare il prossimo. Solo il conte Gerold (vassallo del locale vescovo) la prende sotto la sua ala protettrice e i due finiscono con l’ innamorarsi. Ma la volontà di Johanna è più forte di qualsiasi impedimento e discriminazione. Si finge così maschio e con il nome di Johannes Anglicus riesce a scalare i vertici ecclesiali, fino a raggiungere Roma, dove, alla morte del papa Sergio II (un rassicurante e insolito John Goodman) viene eletta papa. Il conte Gerold la raggiunge ma per entrambi finirà presto in tragedia. La storia è tratta dal romanzo (Pope Joan) di Donna Woolfolk Cross, costato alla scrittrice sette anni di ricerche basate sui numerosi resoconti di una delle leggende più curiose della cristianità. La verità storica sembra smentire la reale esistenza della donna, che tuttavia prende a seconda delle diverse ricostruzioni via via fornite le sembianze più diverse. Da perfida e demoniaca figura di perdizione a (come in questo caso) eroina protofemminista che lotta per l’ autoaffermazione e l’ emancipazione dal pregiudizio e dal bigottismo. La regia di Sonke Wortmann (autore del felice Miracolo a Berna, del 2003, in cui anche in questo caso storia e leggenda, seppur in contesti totalmente diversi – i mondiali di calcio del 1954 – si mischiavano) risente del classico respiro televisivo, scandito da ritmi blandi, eccessivo didascalismo e da una certa “neutralità” dei personaggi. Ne risulta quindi (specie nella descrizione della protagonista principale, anche se è buona la polacca Johanna Wokalek) una mancata partecipazione emotiva (di chi recita e di chi guarda) e una carenza di radicalità che, data la storia, si richiedeva. E’ tuttavia interessante il modo con cui Wortmann fa attenzione ai dettagli, sia nella descrizione delle corti feudali del tempo che dell’ indigenza dei poveri contadini e dei campagnoli. Non può non essere passata la lezione di Annaud nel suo Il Nome della Rosa, precedente più antropologico che cinematografico della pellicola in questione. La crudezza iperrealista delle ferite e delle amputazioni, dei malati di lebbra, delle precarie condizioni igieniche del tempo (come pure le pratiche comuni tipo la rilegatura dei manoscritti, il mercato di paese, la vestizione del Santo Pontefice), oltreché naturalmente la restituzione di un’ immagine ad un tempo severa e ipocrita degli ambienti monacali medievali trovano nel menzionato precedente precisa ispirazione. L’ altro elemento che salva “La Papessa” è senz’ altro l’ aver evitato l’ errore che compì Besson nel suo Giovanna D’ Arco, ovvero rendere la figura femminile (pur vicina per certi versi) un’ invasata in preda a visioni soprannaturali (Johanna è una donna del suo tempo che vince le difficoltà con devozione, ma soprattutto con l’ impegno e la determinazione che sono propri della contemporaneità, e quindi fortemente “terreni”). Certo non c’ era da fare i conti in questo caso con un precedente riadattamento di un classico della storia del cinema (Dreyer, oltre che tanti altri) ma semmai con un bozzetto di Michael Anderson del ’72, a metà strada tra il drammone e il decamerotico in cui Liv Ullmann (!) sguazzava di letto in letto, fino a brocolare persino con Franco Nero (come al solito un paracarro). Si suppone che, almeno da noi, il film camperà di rendita, sia grazie alle trombe vaticane, già in allerta, sia per gli speciali dei vari Voyager, Macchine del Tempo, Focus e tutte le superstiscienze del caso a cui toccherà genufletterci.

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