domenica, Dicembre 22, 2024

La ragazza del tempo — Weathering With You di Makoto Shinkai: la recensione

[perfectpullquote align=”full” bordertop=”false” cite=”” link=”” color=”#ff0037″ class=”” size=””]Hodaka fugge dall’isola dove è cresciuta durante l’estate dopo il primo anno di liceo, per rifugiarsi a Tokyo. La metropoli la metterà di fronte ad alcune difficoltà, di natura emotiva ed economica. Hina, nuova amica di Hodaka, darà un nuovo volto a questi primi ostacoli, la ragazza infatti ha un potere extra-ordinario: può fermare la pioggia e far splendere il sole[/perfectpullquote]

Weathering with you è un testo cinematografico che si fa corpo nel mezzo delle tensioni. Due in particolare, formate da movimenti contradditori, sintetizzati appunto in una risoluzione “tesa” a rappresentazione animata, materializzata dal pastello digitale. La prima è composta dall’incontro-scontro tra la rappresentazione di comportamenti particolarmente connotati e lo sfumare via della personalità etnica circostante: la storia d’amore di due giovani ragazzi che vivono per un momento decisivo della loro vita a Tokyo è esaltata dallo slancio esclamativo – quindi in un senso di affermazione della propria personalità – proprio dell’animazione giapponese, che rappresenta per eccessi espressivi anche i momenti di tristezza e incomunicabilità, e a un tempo spersonalizzata per la rappresentazione – commercialmente funzionale in virtù di un estensione del pubblico potenziale – di alcuni luoghi legati al consumismo globalizzato come normali ambienti emotivi. La seconda è invece costituita dall’intersecarsi di linee verticali e slanci orizzontali, quindi dall’intreccio della verticalità veloce della contemporaneità metropolitana e interconnessa e dell’orizzontalità del panorama emotivo dell’individuo alla ricerca di uno spazio extra cittadino.

Se la prima tensione ci istruisce su una contraddizione extra testuale, più produttiva perché legata alle ricadute in ambito creativo di una ragione commerciale, la seconda ci mette di fronte all’intuizione visiva più importante del film e al suo nucleo tematico. C’è infatti nello scontro fiorente di dinamiche verticali e sfoghi orizzontali tutta l’aspirazione poetica di Makoto Shinkai, regista che sembra interessato a ragionare sull’influenza che gli individui hanno sul loro mando-ambiente, quindi sulla capacità creativa di informare una sostanza attraverso lo sguardo, sulle possibilità (salvifiche o fatali) del potere umano. Il film è leggibile come la storia di una lotta tra la sopraffazione del sistema – inteso in vari sensi, dalla famiglia alle istituzioni – e la libertà del desiderio, secondo la prospettiva di un ragazzo e del suo percorso di formazione, che si interseca con quello di una ragazza: l’instaurarsi dell’orizzonte, che si scatena nello spazio dominato dalla linea verticale e si fa strada nella rete urbana, spalancando la natura del formato e del punto di vista sul mondo, è un intervento formale sovversivo legato proprio allo sguardo dei due sulla realtà che li circonda.

Le soluzioni formali sono quindi trasparenti e attraverso la loro chiarezza si esplica il nucleo tematico appena enunciato, ma non sono mai così trasparenti da sforare nella programmaticità didattica. La natura ambigua del desiderio e l’infuocarsi giovanile per l’affermazione della propria visione sono infatti punti di vibrazione in grado anche di complicare la visione, arricchendola di nodi emotivi e processi di decodificazione. La qualità di questa proposta è però intaccata proprio da vari sbandamenti più o meno gravi che danneggiano la genuinità del film e ne flettono le intuizioni per sigillare le certezze con una chiosa inversa rispetto alla tendenza del film. Shinkai preferisce mostrare le ragioni sociali del suo pensare per immagini e rinuncia a proseguire il discorso sulla tensione – già di per sé sociale anche quando latente – per concedere ai propri personaggi una soluzione. In questo modo sgonfia l’ambizione e appiattisce il carico concettuale che poteva dispiegarsi dalla contraddizione irrisolta. Rimane così un’intuizione sollevata a metà, interrotta in volo, fermata prima dell’acrobazia.

Leonardo Strano
Leonardo Strano
Primo Classificato al Premio "Alberto Farassino, scrivere di Cinema", secondo al premio "Adelio Ferrero Cinema e Critica" Leonardo Strano scrive per indie-eye approfondimenti di Cinema e semiotica. Ha collaborato anche con Ondacinema, Point Blank, Taxidrivers, Filmidee, Il Cittadino di Monza e Brianza

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