sabato, Novembre 2, 2024

La scelta di Michele Placido: la recensione

È un’Ambra Angiolini posseduta e incessantemente alla ricerca di uno sprazzo di luce quella de “La Scelta“, il nuovo film di Michele Placido liberamente ispirato a L’Innesto di Luigi Pirandello; sfugge al nostro sguardo e si perde tra le mura di Bisceglie senza che il regista pugliese segua lo schema del pedinamento, al contrario lasciandola libera mentre compare improvvisamente da una regione periferica dell’inquadratura, spalanca la porta di una vecchia cappella ridotta a magazzino, si “stacca dal corpo” diventando soggettiva ferita da un riflesso, filtrato dai vicoli del paese.

Prima della violenza subita, il movimento continuo di Laura segue l’incedere del gioco musicale; come nel “Duetto buffo di due gatti” è lo scherzo, la schermaglia, l’anarchia dell’infanzia che avvicina il suo spirito a quello dei bambini, tanto da trasformare il desiderio di maternità condiviso con Giorgio (Raoul Bova) nella furiosa energia ludica che frantuma lo spazio delle convenzioni sociali; Laura sembra vivere in una dimensione sospesa tra la musica e la libertà senza freni dei suoi piccoli allievi, con cui condivide creatività e ricerca dello stupore.

Dopo il trauma, sottratto dall’orizzonte visivo e successivamente mostrato attraverso i segni sul volto di Laura, la flânerie della donna diventerà vagare dolente, nel continuo sfuggirsi tra lei e Giorgio che l’occhio di Michele Placido segue con intensità mai vista nel recente cinema italiano, riducendo lo spazio del racconto per privilegiare la complessità del gesto e della percezione. Laura è figura fantasmatica, colta attraverso i riflessi e la dispersione dello spettro luminoso o dietro a numerose cataratte dell’occhio, come il vetro opacizzato di una finestra che rivela il suo volto simile a quello di Maya Deren, ma anche corpo vivo di un cinema che improvvisamente si fa tangibile, tocca i corpi, mostra i segni sulla pelle e respira una prossimità sensoriale violentissima.

Tra intangibilità e dettaglio, evanescenza e presenza dei primissimi piani, si fa strada una forza arcana e matrilineare che scardina ogni forma di appartenenza al teatro sociale e a quello dei sentimenti, in questo senso Placido rimane intimamente Pirandelliano ma allo stesso tempo spezza il gioco schematico dei rovesciamenti cercando la verità attraverso il volto e la fisicità di Ambra Angiolini senza preoccuparsi di condurci verso un’agnizione risolutiva, ma mettendo al centro il personaggio di Laura con l’improvvisa risata che risponde alle considerazioni della madre, la fuga per i vicoli di Bisceglie per descrivere l’indicibile, il corpo abbandonato e spento ai margini di un luna park notturno,  una tensione che Placido rende pulsante con la rara capacità di far convivere il movimento dei corpi e la spinta, fortissima, di un’immagine periferica che dalla virtualità del riflesso, procede verso il fuori campo.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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