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Lago Film Fest XII – Press meeting del 30-07-2016: il resoconto

Revine Lago è l’ultimo scenario a far da sfondo ai press meeting del lago film festival, la mattina del 30 luglio 2016, prima della serata conclusiva e delle premiazioni finali. In una piazza circondata da case in pietra, residenze abbandonate, direttamente sopra la chiesa del paese, parlano in successione Valentina BE e Virginia Mori, entrambe giurate del festival, il regista David White, in concorso al festival con il bizzarro The Couple, Stefano Ratchev e Mattia Carratello entrambi compositori e autori di colonne sonore, che insieme a Federico Savina, uno dei pionieri della post produzione sonora, hanno fatto parte della giuria incaricata di assegnare il premio per la miglior colonna sonora qui al Lago Film Festival.
Mentre Valentina BE ci teneva a specificare la libertà con cui realizza i suoi progetti, dall’advertising ai fashion films, a prescindere dal committente, Virginia Mori, illustratrice e animatrice dal grande talento, ha raccontato la genesi di uno stile portato avanti con grande coerenza, grazie alla formazione ricevuta presso la scuola d’arte di Urbino, imparando da artisti come Simone Massi e Gianluigi Toccafondo.

il gioco del silenzio di Virginia Mori
il gioco del silenzio di Virginia Mori

Fuori dal suo campo specifico, le influenze che la Mori ha citato sono legate al cinema di Tarkovsky, ma sopratutto ai gesti minimi ricchi di senso di quello del grande Sergej Iosifovič Paradžanov. I personaggi femminili sempre al centro dei film della Mori sono un tramite metaforico in costante evoluzione, così come la vicinanza al cinema muto non è un approdo ma un mondo da superare con l’accostamento alla parola. La Mori ha raccontato un approccio simile per quanto riguarda il bianco e nero e un possibile passaggio al colore. Il primo ha una forma sintetica, il secondo è un mondo complesso con il quale vorrebbe sperimentare facendo molta attenzione. Valentina BE invece ha presentato al festival il suo Fashion Film Sexstatic, rilettura personale di quella provocazione per le masse che abbiamo già visto nei video per Madonna e la Aguilera oppure nel lavoro dell’insuperato Jonas Akerlund.

Non è meno immaginifico il mondo di David White, regista neozelandese già ospite del festival con Killer e quest’anno in concorso con The Couple, mockumentary realizzato insieme ad una coppia molto nota in Australia e Nuova Zelanda, per aver interpretato un tv drama ad ampia diffusione. Realmente sposati anche nella vita, si sono ritirati in aperta campagna anche per affrontare con serenità il cancro ai testicoli contratto dall’uomo. White li ha avvicinati stabilendosi a casa loro come un figlio e cercando in qualche modo di ottenere il risultato che voleva forzando la mano. Una condizione che in qualche modo ha potuto sperimentare grazie al suo personale ritorno a casa; il regista neozelandese è infatti tornato a vivere con i genitori.
Sollecitato a descrivere la situazione dei corti in Nuova Zelanda, ha descritto una situazione marginale, dove il formato corto viene percepito come una diminutio rispetto ai lungometraggi. Questo gli ha reso più difficoltoso il percorso, mentre in Europa i suoi lavori sono conosciuti e apprezzati.
Simone Manetti ha presentato i giurati chiamati a giudicare la miglior colonna sonora del festival.

Federico Savina
Federico Savina

Mentre Stefano Ratchev e Mattia Carratello hanno parlato della difficoltà per i compositori di musica per film di confrontarsi con budget congrui, Savina ha citato una frase di Roman Vlad, raccontando il mestiere del soundtrack composer come l’immaginazione di un mondo sonoro che il regista avrebbe scritto se avesse conosciuto la musica. La ricettività degli autori con cui hanno collaborato è la qualità più importante per Stefano Ratchev e Mattia Carratello, perché i lavori migliori, hanno detto: “sono quelli in cui il regista ci porta a fare cose che non avremmo mai fatto. Parlare di musica con un regista, a meno che non sia un musicista, è un problema per questioni di linguaggio. Lavorare su opere altrui è un lavoro di compenetrazione. Occorre trovare l’emozione che il regista vuole veicolare, capirla e interpretarla”
Per Savina invece la musica la si ascolta e funziona quando il racconto si ferma, ovvero quando c’è una tensione che crea sospensione e quindi ti aspetti qualcosa. Se il racconto funziona la musica non viene percepita. Oltre a questo, per Savina è importante la relazione tra suono e il cambiamento dei dispositivi, tra smartphone e strumenti mobili come destinazione e l’avanzare dell’elettronica che ha progressivamente assottigliato la presenza del tema nei prodotti cinematografici.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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