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Les Ogres di Léa Fehner: l’onda vorace della vita, recensione e intervista

Les Ogres di Léa Fehner, in sala il film che ha entusiasmato Rotterdam e Pesaro

Les Ogres della regista francese Léa Fehner è uscito lo scorso 26 gennaio in versione originale sottotitolata, nello stile della distribuzione che se ne occupa (Cineclub Internazionale Distribuzione). Il film, che ha vinto il premio del pubblico “Big Screen” al Festival di Rotterdam, si era visto in Italia alla 52. Mostra del nuovo cinema di Pesaro dove aveva vinto il premio Lino Micciché e anche in questo caso, quello del pubblico. Presentato recentemente a Roma alla presenza di Lèa Fenher attraverso un minitour di incontri per il pubblico, il film si serve di un sistema distributivo del tutto particolare. Mentre CID lo porterà in alcune sale della penisola, il portale www.cinemaf.net lo renderà disponibile in streaming contemporaneamente alla programmazione in sala. In calce allo speciale di approfondimento le sale in cui è possibile vederlo a partire dal 2 febbraio 2017

(Nota di Redazione)

Il teatro, ventre del mondo: su Les Ogres di Léa Fehner

A Cura di Beatrice Rinaldi

Se ti piace Checov, puoi sempre cavartela nella vita” dice Marion in Les Ogres, secondo film della regista Léa Fehner che porta in scena la rutilante storia di una compagnia di teatro itinerante impegnata in una rappresentazione de L’Orso di Checov.

Una doppia mise en abîme che si moltiplica ulteriormente, se si pensa che la famiglia che intreccia i suoi drammi relazionali con la messa in scena dello spettacolo è impersonata dai veri genitori e dalla sorella della regista, Inès.

Il film che ha entusiasmato i Festival di Rotterdam e Pesaro nasce, infatti, dal vissuto personale di Léa Fehner, cresciuta nella compagnia fondata dai genitori per portare in giro una scelta di teatro e libertà radicale.
Ma qui la nostalgia non c’entra.

 

Les Ogres è la testimonianza toccata con mano di una diversa possibilità di esistere e le rutilanti figure sullo schermo non sono commedianti ma resistenti, pirati di un’utopia collettiva che crede all’amore, più di ogni altra cosa, e nella profonda sincerità del proprio entrare nel giorno.

Li chiamano artisti, gli esseri umani dalle vite più ordinate che vedono arrivare la vorticosa carovana del Davaï Theatre nei loro piccoli paesi. Orchi, li chiama Léa Fehner, capaci di divorare sentimenti e persone nel loro acuminato desiderio di sentire di più la vita, pur a costo di una grande fragilità. Il tendone, come un grande ventre, li accoglie e protegge, crea legami forti capaci di resistere all’usura della quotidianità.

Questa grande famiglia rivela i forti legami che la tengono assieme nei momenti che rischiano di minare il precario equilibrio che si paga per restare liberi. È capace di abbattersi all’unisono quando un membro abbandona il gruppo e di stringersi in unico silenzio per rispettare il sonno di chi è appena venuto al mondo, ma, soprattutto, scopre in sé il potere di assorbire il malessere e alleggerirlo, di guarire con il ritmo incessante e ipnotico della vita che avanza e che continua, più in alto di noi e nonostante noi. La famiglia tradizionale, quando viene amputata rimane tale. Dalla ferita nascono spesso fantasmi e il dolore appare impossibile da superare, senza riprendere a respirare la strada.

Nella stessa pièce di Checov messa in scena dal Davaï, la vita rinasce dalla suppurazione di una ferita.
Qualcuno nasce, qualcuno muore: alla fine l’ordine del mondo rimane immutato e l’importante è rimanere aderenti al costante cambiamento della vita.

L’onda vorace della vita: una conversazione con Léa Fehner

A cura di Beatrice Rinaldi

IE: Quanto ha pesato la tua autobiografia sulla realizzazione del film?

L. F.: Les Ogres non intende essere un film sulla mia infanzia. Fin da subito l’ho pensato come un film sul presente, da cui volevo emergessero le straordinarie energie di uomini e donne che fanno teatro vivendo. Mi interessava mostrare la grande coesione di una famiglia i cui membri sono legati per il cuore (famille de coeur n.d.a.) e, soprattutto, la forza che si sprigiona dall’esercizio di una libertà di scelta. È un modo di resistere, quello dei miei personaggi, ma una resistenza felice.

IE: Perché proprio Checov?

L. F.: È un autore che conosco molto bene, l’Agit Theatre (la compagnia fondata dai genitori all’inizio degli anni ’90 n.d.a.) ne ha messo più volte in scena i testi. E penso davvero quel che dice Marion nell’invitare il pubblico ad assistere allo spettacolo: ‘Se ti piace Checov puoi sempre cavartela nella vita’. Per me è stato così. Checov guarda ai suoi personaggi con un’estrema capacità di analisi, ma allo stesso tempo con indulgenza. Quando ho scelto di fare cinema mi sono posta come sfida di riuscire a raccontare come lui, lucidamente e con amore.

IE: Per questo il titolo del film è Les Ogres (Gli Orchi n.d.a.)?

L. F.: Sì. La sfida era quella di mettere in scena l’essere umano con la massima onestà, nella sua sublimità e negli aspetti meno edificanti. Volevo ritrarre la grande energia che anima queste straordinarie persone, ma era giusto mostrare anche il prezzo che si paga a lasciarsi sedurre dalla loro incontenibile vitalità. Gli Orchi sono coloro che divorano la vita in un disperato bisogno di pienezza, con una voracità che finisce spesso per fagocitare le vite altrui.

IE: È ancora possibile vivere come Les Ogres al giorno d’oggi?

L. F.: Lo credo fermamente. Ogni essere umano è, in ogni momento, profondamente vivo e ha bisogno di nutrire la sia vitalità. Il collettivo si aggrega attorno ad un principio di gioia e riesce a trasmettere una grande energia perché chi ne fa parte sente di star esercitando la propria capacità di scelta, ad ogni istante. A legare la famiglia tradizionale sono i vincoli di sangue e gli orari della cena, ma la vitalità è meno intensa, perché ci si limita a vivere l’opportunità che ci è stata offerta senza chiedersi se ci appartiene, se le apparteniamo.
Considero Les Ogres un film attuale perché attuale è la necessità di diventare consapevoli che non esiste un modello unico da seguire, nell’organizzazione della propria vita, si tratta piuttosto di provare e costruire la strada che va bene migliore, a livello personale, seguendo ciò che funziona e, soprattutto, ciò che funziona per noi. Per citare Paul Valery ‘Le vent se lève | il faut tenter de vivre‘. (S’alza il vento… Bisogna osar di vivere! da Le cimitière marin / Il cimitero Marino, Paul Valery 1931)

Les Ogres di Léa Fehner – dove vederlo in sala

Milano, Beltrade | Roma, Apollo 11. |  Torino, Esedra. |  Padova, Lux.  | Perugia, Postmodernissimo.  | Catania, Multisala Paradiso.  | Firenze, Spazio Alfieri.

Bologna, Orione |  Pescara, Massimo.  | Fermo, Sala degli Artisti.

PROGRAMMAZIONI SUCCESSIVE GIA’ CONCORDATE:

Milano, Oberdan.  | MANTOVA, Cinema del carbone. |  Parma, Edison. |  Marano Vicentino, Campana.  | Dolo, Italia.  | Carmagnola, Elios.  | Campobasso, Alphaville.

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