Simon Guélat è nato in Svizzera nel 1985 e si è diplomato alla scuola di teatro di Losanna nel 2007. Come attore ha collaborato con numerosi registi tra cui Ursula Meier (Sister) Lionel Baier, Matthew Bertholet, Francis Reusser (Ma nouvelle Héloïse) affermandosi come una delle più interessanti promesse del cinema francofono. Cabane è il suo primo lavoro come regista, un corto di 26 minuti presentato oggi nella sezione competitiva cortometraggi del Lucca Film Festival curata da Rachele Pollastrini.
Prodotto da Les films du bélier, la stessa società che ha portato recentemente nelle sale il bel Réparer les vivants, racconta l’educazione sentimentale di due ragazzi che insieme ad un gruppo di amici allestiscono una capanna nella zona boschiva di Morbihan presso Ille-et-Vilaine, Bretagna, area destinata all’utilizzo militare.
Prima ancora che l’anno scolastico abbia inizio, i ragazzi costruiranno clandestinamente la piccola abitazione di legno sopra un albero, utilizzando tecniche ancestrali per tenere insieme le assi e mimando una piccola vita comunitaria tra il gioco e la voglia di rimanere il più possibile a contatto con la natura.
Dopo alcuni momenti in cui Guélat allude con abilissima leggerezza alla lunga storia del racconto cinematografico di formazione, da Badlands a Stand by Me, il film si focalizza sui sentimenti di Denis (Simon Boutin) e sui movimenti di Mathieu (Devi Couzigou) identificando progressivamente nel piccolo abitacolo ligneo la zona rituale di uno stato di passaggio.
Senza marcare forzatamente i passaggi tra desiderio, sogno e realtà, ma confondendoli in un vero e proprio enigma interiore, Guélat dimostra di saper piegare gli elementi della realtà affettiva in una suggestiva elegia sulla scoperta della propria identità.
Anche il contesto militare, vero e proprio sbarramento del desiderio, acquisisce una qualità permeabile, affrontando i topoi dell’autorità e della libertà con notevole talento visionario (e non semplicemente visivo).
Al lavoro con un tema abusato e quindi di non facile realizzazione, Guélat evita tutti gli stereotipi e ci regala una piccola opera sensibilissima, che affronta il cinema della realtà con misura e controllo degli elementi in campo.