C’è un’ostinata e fiera estetica anni ottanta nel film di Simona Giuggio presentato al Lucca Film Festival nella sezione cortometraggi curata da Rachele Pollastrini.
Gli anni del primo Tsukamoto, dello Švankmajer di Alice, di Caro & Jeunet agli esordi, quelli di “Le bunker de la dernière rafale”.
Passo uno, bianco e nero, organico e inorganico nella reciproca mutazione tra metallo e performance corporea. Aiutata dal Body Painting di Rosario Mannella e dalle sculture di Alberto Urbani, Mechanical Animal si muove a suo agio nel territorio di un certo post-surrealismo da cui desume l’attenzione per gli insetti, per il brulicare di un piccolo mondo inanimato che incontra quello organico, fino all’alchimia come processo di trasformazione della natura naturata.
Sullo sfondo, l’industrial dadaista dei genovesi AntiMediaScrambler, il cui suono tra noise e ambient introduce le interferenze a onde corte come disturbo percettivo, lo stesso che la Giuggio sfrutta per sporcare l’assetto foto-scultoreo del suo corto.
L’ispirazione è quella del cinema d’avanguardia, ma anche la forma del videoclip anti-narrativo, che storicamente assimilava quella lezione, tra ritmo, forma e dimensione grafica del suono.
Simona Giuggio, artista milanese che si interroga da tempo sulle possibilità combinatorie del corpo, mettendo spesso in gioco il proprio, tra fisicità e l’evanescenza dei dagherrotipi, in questo suo lavoro mette insieme fotografia e arte performativa, rielaborando una performance condivisa con Urbani dal titolo “Mechanical Human”.
Le suggestioni sono quelle della “Psychotechnik” nata in seno alla repubblica di Weimar ad opera di Georg Schlesinger. Quel tentativo di investigare la relazione tra uomo e macchina, per superare i limiti del primo e comprendere le tecniche costruttive della seconda, vive nuovamente nel film della Giuggio, in un viaggio fantastico ed emozionale verso le possibilità morfologiche della macchina umana, interfaccia retrofuturista in grado di recuperare la forza, la vertigine e il trauma dell’innesto, contro la supremazia coeva del dispositivo.