La carriera poliforme di Valerio Vestoso contamina i suoi stessi cortometraggi. Teatro, videoclip, advertising e una propensione per la scrittura in senso lato. Ratzinger Vuole tornare, presentato in concorso al Lucca Film Festival nella sezione cortometraggi curata da Rachele Pollastrini, gioca con tutti questi elementi per raccontare sostanzialmente il corto circuito traumatico del sistema comunicativo.
Il manager scassatissimo di Benedetto XVI, figura disumana presa in prestito al cinema di Citti e di Ciprì e Maresco, propone il rilancio mediatico dell’ex pontefice, grazie ad una clausola contrattuale che consentirebbe il suo reintegro come Papa.
Il monologo delirante del manager si verifica in uno spazio chiuso dove anche gli elementi extradiegetici entrano in campo per sottolineare una comunicazione frammentata e in abisso: i violinisti che suonano il Canone di Johann Pachelbel, l’asterisco a tutto schermo che definisce la risoluzione consensuale del contratto, i titoli di testa di Vaticanhattan per ipotizzare un rilancio pubblicitario curato da Woody Allen, una televendita promozionale e una serie di idee deliranti tra cui la collezione Ratzinger dedicata alla produzione fashionista dell’ermellino.
E Papa Bergoglio? Quasi a riprendere uno degli ultimi sogni deliranti di Fausto Bertinotti, lo si propone come guida della nuova rifondazione Comunista.
Ecco che il tour de force di Vestoso mette insieme frammenti di brutta televisione e di realtà mediata dalla grafica connettiva, schegge di cinema appena accennato, titoli di testa e ipertrofie dove la comunicazione è l’unico linguaggio possibile, anche per un corto che provando a congedarlo, lo reintegra come divertita fantasia pop.