Suresh Eriyat è un maestro dell’animazione indiana. Nel difficile sviluppo del genere entro i confini del suo paese, Eriyat ha cominciato nel 1998 quando questo tipo di produzioni erano agli albori, partecipando attivamente allo sviluppo del Famous Studio of Animation a Mumbai, per poi ottimizzare le sue conoscenze con l’Eeksaurus studio, che dal 2009 gestisce insieme alla moglie Nilima Eriyat.
La struttura può contare su un team di 30 creativi e copre la produzione di svariati media, destinati al cinema, la televisione, il web e le piattaforme digitali. Il suo è un curriculum di tutto rispetto, che supera le 350 produzioni, attività che gli ha permesso di ricevere numerosi premi, tra cui quello prestigiosissimo al festival di Annecy.
Pur essendo riconosciuto a livello mondiale, più volte Eriyat ha denunciato la difficoltà legata alla percezione dell’animazione in India: “Ancora è considerata una tecnica, non un mezzo per raccontar storie – ha detto in una recente intervista – quando consideri tutto questo solamente tecnica, ogni aspetto che nell’animazione concorre alla creazione di un contesto narrativo, viene per forza di cose considerato amatoriale”
Il cinema di Suresh Eriyat attinge energie e linfa dall’idea che l’animazione non sia solo un genere destinato al pubblico infantile. Le sue storie prendono vita dalla tradizione culturale e politica del paese dove vive. Persone, abitudini, cultura e società, sono gli ingredienti che fanno parte dei suoi film.
Non fa eccezione Tokry (The Basket), cautionary tale senza dialogo presentato in concorso al Lucca Film Festival, nella sezione cortometraggi curata da Rachele Pollastrini. Realizzato con gli strumenti della clay animation, un mix tra 2d e puppet animation, il film ricostruisce il ritmo spietato della città intorno ad una famiglia dalle umili origini. Non sembra esserci scampo per la società che spinge padre e figlia ai margini, tanto che il manifestarsi di un sentimento solidale, si rivelerà confinato nella dimensione del sogno, dove l’unico rifugio possibile è proprio quello del nucleo originario.
La durezza del tema contrasta con una resa tecnica e coloristica brillante, legata all’attenzione per gli oggetti, non solo quelli che hanno una pertinenza diegetica, ma sopratutto gli elementi utilizzati per l’organizzazione del profilmico.
Tutta la parte in cui ci viene mostrato il brulicare della città è realizzata con una serie di modellini animati con tecnica stop-motion, un risultato sorprendente proprio in virtù delle caratteristiche artigianali della produzione, segni di un cinema che ancora sopravvive all’efficenza dell’industria e che conferma il talento di Eriyat come uno degli animatori più originali in circolazione.