Il Palazzo Ducale di Genova apre le porte dello storico appartamento del Doge all’arte contemporanea: sino al 15 febbraio sono esposte circa 130 opere di Lucio Fontana, inventore dello spazialismo e importante artista europeo del dopoguerra. Per la realizzazione della retrospettiva, i curatori Sergio Casoli e Elena Geuna si sono avvalsi della collaborazione della Fondazione Lucio Fontana di Milano, che ha messo a disposizione un cospicuo nucleo di opere. Prestiti significativi arrivano inoltre da collezioni private e da musei internazionali come il Musée d’art Contemporain de Lyon o il Museo de Arte Thyssen-Bornemisza di Madrid.
Il filo conduttore della mostra, testimoniato dagli stessi criteri espositivi, è il tema del colore e della luce, che guida le scelte estetiche dell’artista così come quelle dei curatori. Le prime sei sale presentano dipinti monocromi (i cosiddetti ‘concetti spaziali’), che pur connotati diversamente (uso di ‘tagli’, graffiti, strappi, buchi, olio e vetri su tela, idropittura…) vengono riuniti in un percorso unitario e comparativo secondo una successione di colori, uno per sala: nero, rosa, oro, rosso, bianco, giallo. Si privilegia, dunque, una fruizione estetica delle opere piuttosto che una ricostruzione storica della vicenda artistica di Fontana e del contesto all’interno del quale operò il pittore. Il tema della luce risulta invece decisivo nella scelta di esporre esempi di ‘ambienti spaziali’, vere e proprie installazioni luminose. Risultano di particolare interesse la ricostruzione del famoso arabesco di tubi al neon realizzato nel 1951 per la Triennale di Milano (esposto nell’atrio di Palazzo Ducale) e la presentazione del lampadario di neon azzurri e bianchi pensato dall’artista per il cinema Duse di Pesaro nel 1959/60 (settima sala della mostra). La portata concettuale della poetica di Fontana è poi ulteriormente ribadita con l’installazione ‘Nature’, collocata nello spazio della Cappella.
A quarant’anni dalla morte dell’artista e a una ventina dalla grande esposizione al Centre Pompidou (1987), che consacrò Fontana come protagonista indiscusso dell’arte del dopoguerra, la mostra di Genova riporta l’attenzione su un aspetto spesso trascurato della produzione artistica dell’autore: la ceramica policroma. Una parte dell’esposizione è infatti dedicata a raccogliere un ‘acquario’ composto da sculture di animali ed esseri marini in ceramica colorata, a testimoniare il legame tra Fontana e la Liguria, in particolare con la città di Albissola, dove lo scultore già allievo di Adolfo Wildt all’Accademia di Brera si fermò a lavorare per diverso tempo. Queste sculture appartengono alla fase giovanile di Fontana e sono precedenti al famoso Manifesto Bianco del 1946, con il quale l’artista, proponendo una rottura con la figurazione, inaugurò la nuova poetica dello spazialismo, culminante nella serie dei ‘tagli’ (1959-1968).
La mostra viene corredata da un catalogo edito da Skira (Fontana. Luce e colore, a cura di Sergio Casoli e Elena Geuna, Skira 2008, pp. 232, € 29), che presenta interventi di Enrico Crispolti (autore di un catalogo ragionato delle opere di Fontana negli anni settanta) e Gillo Dorfles, già divulgatore dell’arte di Fontana; nuovi contributi di critici come Elena Geuna, Luca Massimo Barbero, Bernard Blistène e omaggi poetico-letterari al pittore da parte di artisti contemporanei del calibro di Marina Abramovic, Maurizio Cattelan, Damien Hirst, Giulio Paolini o Arnaldo Pomodoro.
Per una bella fotogallery in Flash, questo il link, presso il sito ufficiale del Palazzo Ducale di Genova