Andrea Bertini (regista): “L’intero progetto ha richiesto circa un anno e mezzo di lavoro, e l’impegno di una decina di persone. L’idea di dare vita ad un’operazione di questo tipo mi è venuta 4 o 5 anni fa, quando ancora lavoravo e vivevo a Roma. Curiosando su internet, mi sono imbattuto in un sito specializzato in discoteche e ho digitato i nomi dei club che frequentavo da adolescente. È stata una vera rivelazione scoprire che centinaia e centinaia di persone avevano lasciato commenti nostalgici relativi ai loro trascorsi all’Imperiale di Tirrenia, discoteca ormai chiusa da tempo. Tanto entusiasmo lasciava intendere un rapporto ancora forte con l’esperienza di quegli anni, con quel mondo e con quella scena. Tuttavia la memoria condivisa, vale a dire la televisione, non ha lasciato alcuna traccia di questa stagione. Se tutti associamo una valenza quasi iconica ai volti di Fiorello o Ambra Angiolini, il ricordo della club culture esiste solo nella memoria di coloro che hanno preso parte al fenomeno. Mi sembrava necessario porre l’attenzione su questo aspetto, perché recuperare gli anni ’90 significa necessariamente trattare anche questa materia”.
Irene Poli (3nero): “Abbiamo sposato il progetto con entusiasmo, proprio perché andava a riabilitare una generazione dimenticata e demonizzata dai più. La presenza della droga in quell’ambiente ha dato adito a pregiudizi, tanto che molte persone – ancora oggi – si vergognano di aver fatto parte di quel mondo”.
Andrea Bertini: “La particolarità del movimento progressive è stata la sua natura al contempo provinciale e internazionale. La scena si è sviluppata in Toscana, nelle discoteche di provincia, e forse per questo motivo ha ricevuto ben poca attenzione da parte dei media ufficiali. Invece quanto accadeva qui si ripercuoteva in tutta Europa”.
Tirrenia, cittadina fondata durante il ventennio fascista, vive il suo massimo splendore in concomitanza con l’apertura degli Studi Cinematografici della Pisorno. Il fallimento dell’industria del cinema locale, a seguito della Seconda Guerra Mondiale, provocherà una serie di contraccolpi che la ridurranno ad una zona in declino. Alla metà degli anni ’80 Tirrenia era ormai un luogo che non rivestiva alcun tipo di interesse economico, e dunque forniva un terreno fertile per la sperimentazione. È in questo contesto che il genio imprenditoriale di Roberto Pannocchia darà vita alla leggenda dell’Imperiale, riuscendo ad attirare pubblico proveniente da ogni parte d’Italia. La ridotta popolazione di Tirrenia, in effetti, non avrebbe permesso la sopravvivenza di una discoteca rivolta solo ad utenti locali. D’altra parte, per quale motivo un clubber di Milano – o anche solo di Firenze – avrebbe dovuto macinare tutti quei chilometri per poi tornare a casa alle quattro di mattina? Nasce così l’idea del club privato aperto solo ai soci, e vengono promossi i primi afterhours (prolungati ben oltre la formula che dava il nome alle serate e allo stesso documentario di Bertini). Sarà questo l’humus culturale in cui si svilupperanno le usanze e i costumi condivisi ancora oggi dal popolo della notte. Qui si affermeranno nuove categorie umane come i Dj, i Vocalist, le Cubiste, le Animatrici, i PR. Da qui un popolo di sonnambuli refrattari ad ogni tipo di convenzione migrerà lungo il litorale fino a colonizzare l’entroterra, portando lo spirito dell’imperiale al Duplè di Aulla, al Jaiss di Empoli, al Tartana di Follonica, all’Insomnia di Ponsacco. Da qui l’esperienza fondamentale per un’intera generazione avrà inizio.
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