Forte è il suo sdegno quando sente recitare l’opera di Molière senza la fedele realtà timbrica e tonale del testo e la giusta pronuncia degli alessandrini – di contro al costante tentativo di Gauthier di modernizzarlo, azzardando anche un esercizio da metodo Strasberg, inefficace quanto ridicolo –. Il suo totale distacco dal mondo e la delusione verso i suoi simili lo porteranno anche a meditare e portare quasi a termine una vasectomia, spinto dalla volontà di non mettere al mondo un altro essere umano, ma anche metafora della sua totale rinuncia alla creazione, e di riflesso alla recitazione. Sarà l’aprirsi improvviso di uno spiraglio di felicità (l’incontro con Francesca) a portarlo a declinare la drastica decisione. Serge è quindi un vero e proprio misantropo, ed il suo fedele legame con l’opera di Molière rafforza il filo rosso dei personaggi come quello della storia dell’uomo.
Ma Molière in bicicletta è anche una rappresentazione en abyme del ruolo dell’attore in conflitto con realtà e finzione. Si potrebbe dire che è la messa in scena di una finzione all’interno di una finzione. Un intreccio tra le dimensioni, che finisce col fonderle e confonderle. Gauthier e Serge sembrano dialogare alternando il testo di Molière alle loro battute (che, uscendo dalla dimensione diegetica, sono altrettante battute di un testo cinematografico). Un interrogativo sulla natura dell’uomo e del suo ruolo nella storia, consolidato da un esacerbante finale che riflette il finale indefinito del Misantropo, come indefinito è il destino dell’essere umano.
Ritornando quindi alla querelle tra i due grandi attori che si interrogavano sulla natura del testo di Molière, si potrebbe concludere che la serietà sia fondata e garantita dalla comicità, e viceversa; come il film di Le Guay mantiene un tono e una cornice comica che collide con il finale tragico, in cui le due figure: Gauthier, sul palcoscenico davanti alla platea piena, bloccato da una battuta che non riesce a concludere e Serge, sulla spiaggia fredda e deserta, che recita in solitudine e con estremo pathos la stessa battuta, restano bloccate dal loro intimo malessere, incastrati in quelle realtà incomplete e destinate e rimanere tali.
D’altronde sono tanti gli elementi che rimandano a tale impossibilità di congiunzione e di completezza, cause della costante insoddisfazione. Il personaggio di Francesca (Maya Sansa), perviene a tale effetto. Condivisa e desiderata dai due, ognuno a modo suo, finirà però col cedere all’amore fisico con Gauthier rinunciando a quello spirituale con Serge, assurgendosi così anch’ella a personaggio tragico, incastrato nell’incompletezza, misantropa a sua volta. Sembra proprio non esserci via di scampo, in una vita che, seppur dal cammino comico, finirà ineluttabilmente ed inesplicabilmente con un epilogo tragico.