martedì, Novembre 5, 2024

The Monuments Men di George Clooney: la recensione

Colpi di martello riecheggiano a scandire un susseguirsi di immagini. Sono i volti dipinti del Cristo, della Vergine Maria e di Giovanni battista. È il pannello centrale del celebre Polittico di Gand.

Le martellate tuonano, fragorose, come colpi di fucile. Un preludio dalla forte simbologia, che non può non stimolare un percorso logico induttivo: Il suono è quello del martello battente sui chiodi, ma l’immagine è quella del volto di Cristo; la connessione con il sacro è istantanea; ma è un sacro che passa attraverso la raffigurazione artistica; santo e arte, entrambi sublimemente connessi con l’idea di eternità, di immortalità. Ma un eternità minacciata da quei colpi mortali, che si abbattono su quelle opere sacre prodotte dall’uomo.

Ecco quindi che arte e sacro trovano un filo connettivo nell’introduzione sonoro-visiva di Monuments Men. Ma la realtà che ci presenta è tragica. I chiodi non affondano nel legno della croce, ma in quello di robuste casse dove i pannelli del Polittico vengono nascosti. La minaccia è quella nazista, che allunga la sua ombra in una bramosia di possesso e onnipotenza.

Il solito film sciovinista dove i tedeschi sono cattivissimi e gli americani buonissimi, eroi senza macchia e dai sani valori, si direbbe. Si e no è la risposta. Perché, seppur effettiva è l’eccedente esaltazione del trionfalismo yankee, d’altro canto l’episodio narrato è quello vero, di un gruppo di studiosi d’arte che si volsero alla salvaguardia del patrimonio artistico dell’umanità, contro la minaccia nazista. Che le vicende siano state poi depurate da tutti quei sottesi fattori stimolanti, di meno nobili qualità, che portarono ad un intervento attivo delle truppe USA, è indubbio. Ma tale intervento, fatto sta, ebbe i suoi frutti. Frutti di cui tutt’ora possiamo goderne il piacevole nutrimento: l’estatica fruizione artistica.

L’arte quindi come patrimonio e memoria dell’uomo. In tale ottica il film assume un valore metaforico, rimandando alla memoria e alla necessità di non dimenticare, l’uomo come l’arte, che nella nostra società assume una funzione eternante.

Il film risponde al difficile dilemma se in tempo di guerra valga più la vita di un uomo che quella di un’opera d’arte. Ed il percorso di questi eroi monumentali, pronti ad immergersi nel violento contesto bellico per amore dell’arte, porterà proprio alla consapevolezza che valga la pena morire per salvare un bene così prezioso. Dalle parole «La vostra vita vale di più di un’opera d’arte» a «Un’opera d’arte vale una vita umana» pronunciate da George Stout (George Clooney). Un vero e proprio percorso di crescita che porta alla consapevolezza del reale potere che ha l’arte. “L’arte non è uno specchio per riflettere il mondo, ma un martello per forgiarlo” diceva Majakovskij, e proprio da essa l’uomo potrà trovare se stesso, il modo per progredire e magari metter fine alle guerre. Un antidoto alle brutture della vita e via per la riappropriazione d’identità. E la necessità di riportare l’arte nel suo contesto risponde proprio a tale fine.

La struttura del film rimanda, come dichiarato dallo stesso Clooney, al film di John Sturges “La Grande Fuga”. Oltre che per l’ironia del contesto militare e la musica balzellante da vivace marcia marziale, anche e soprattutto l’avvicendarsi delle microstorie, in una sorta di film corale, ricorda la separazione dei personaggi del film di Sturges, dove ognuno intraprende una strada per guadagnarsi la libertà. Ma in Monuments Men lo scopo dei nostri eroi non è guadagnare la propria libertà, ma restituirla all’arte e all’identità.

Un film parzialmente riuscito. Se infatti la filosofia di fondo sia forte e ambiziosa, il ritmo è lento, con sporadici picchi soporiferi. Niente a che vedere, in tal caso, con il più dinamico film di Sturges.

Da Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin a Cate Blanchett, un cast d’eccezione, ma che non trova degna valorizzazione in un film che tutto sommato poteva venir meglio.

Andrea Schiavone
Andrea Schiavone
Andrea Schiavone, appassionato di cinema ha deciso di intraprendere studi universitari in ambito cinematografico. Laureatosi in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma ed attualmente studente magistrale in Cinema, Televisione e New Media alla IULM di Milano.

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