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Mood Indigo – la schiuma dei Giorni di Michel Gondry: fantasmagoria ed emozione

Colin è un giovane parigino ricco e idealista che sogna il grande amore. Passa le sue giornate preparando fantasiose ed inverosimili ricette, strimpellando bizzarri strumenti di sua invenzione e bighellonando con il suo migliore amico Chick, uno spiantato ingeniere che colleziona le opere di Jean- Sol Partre.  Poi un giorno l’amore irrompe nella sua vita in modo esplosivo: ad una festa incontra Chloe, che sembra l’incarnazione vivente  dell’eponimo della melodia di Duke Ellington. I due si innamorano e si sposano ma, poco dopo le nozze, la loro felicità si trasforma: durante la luna di miele Chloe scopre di essere malata a causa di una ninfea che cresce nei suoi polmoni. L’unico modo per rimanere in vita è essere continuamente circondata di fiori freschi. Per pagarle le cure necessarie Colin è costretto ad accettare in una fantomatica Parigi i lavori più surreali mentre la loro abitazione si fa sempre più piccola e grigia  e le vite dei loro amici si disintegrano.  Libro e film risultano continuamente interconnessi.

Non volevo che nessun’altro, apparte me,realizzasse questo film. Sembra perfetto per me,” afferma Gondry e continua “non so esprimere con esattezza le mie impressioni a quella prima lettura del romanzo di Vian. Resta un’immagine: il massacro sulla pista da pattinaggio, e la sensazione che il libro appartenesse a una tradizione di romanzi incentrati sulla perdita della persona amata. Il produttore Luc Bossi aveva scritto una prima bozza di sceneggiatura che mi piaceva per la sua fedeltà al romanzo. La rielaborammo insieme, ma restando fedeli all’idea di lasciare il bellissimo grande laboratorio dell’inizio della storia in cui viene realizzato il libro. E’ un elemento concreto e indistruttibile. E l’immagine del laboratorio comunica inoltre l’idea che il soggetto è già scritto. ”

Ed è proprio nella decrizione dell’universo visivo concepito da Vian che Gondry pur cercando di cogliere i dettagli del romanzo, si inventa un suo mondo nella forma di un caos organizzato, e con la speranza che questo possa raggiungere una forma coerente; si affida quindi alle scenografie di Stéphane Rozenbaum, con Gondy già ne “L’arte del sogno” mentre nei segmenti realizzati come animazioni brevi in stop-motion, si fa ispirare dall’arte di  Jean-Christophe Averty, grande sperimentatore francese, la cui ricerca sta a metà tra musica, innovazione televisiva (suoi molti show realizzati con i grandi della canzone francese ) animazione, coreografia, una sintesi che Gondry aveva acquisito già da tempo, per esempio, con il video di Let Forever Be, realizzato per i Chemical Brothers nei primi ’90 e che oltre ai musical di Busby Berkley si ispirava alle fantasmagorie di J.C. Averty.

La visionarietà è l’elemento attorno al quale ruota  Mood Indigo, film in cui oltre alla storia d’amore sono presenti elementi come il denaro, una passione intellettuale che quasi sconfina nella dipendenza con il personaggio di Gad Elmaleh, il poliziotto che rappresenta l’autorità, la morte. Il film offre una panoramica reale della società e molte diverse immagini e paragoni relativi al mondo del lavoro. Boris Vian era indignato all’idea che la società schiacci l’individuo e, per questo, sia al centro del libro che del film, domina uno spirito anarchico e ribelle che rifiuta di farsi schiavizzare dal lavoro.

I presupposti per  un film degno di memoria come Eternal Sunshine of the Spotless Mind c’erano tutti: una storia fiabesca, temi importanti, scenografia strabiliante, effetti spettacolari, un cast d’eccezione  ed una piacevole e variegata colonna sonora (che spazia dalla cantautrice americana Mia Doi Todd a Duke Ellington passando per August Darnell). Eppure ciò che manca nell’ultimo lavoro di Gondry forse è proprio l’emozione, ovvero correre il rischio di scavarla fino in fondo per colpire empaticamente lo spettatore. Ci si perde in un mondo lunapark in cui gli oggetti sono animati in una surrealtà separata dal mondo (il pianococktail, un’automobile futuristica completamente vetrata, piccioni che gestiscono una pista di pattinaggio), l’uscita degli sposi post “sì lo voglio” avviene in una sorta di navata-acquario e i due innamorati passeggiano sospesi tra le nuvole. Eppure questa spettacolarità rischia di soffocare la narrazione, prima tra tutte l’evolversi della storia d’amore di cui ad un certo punto del film abbiamo quasi l’impressione di perdere le coordinate.

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