mercoledì, Novembre 6, 2024

Mr. Holmes – il mistero del caso irrisolto di Bill Condon: la recensione

Dopo il musical “Dreamgirls” e ben due “Twilight”, Bill Condon ripristina il fortunato sodalizio con Ian McKellen per questo adattamento del romanzo di Mitch Cullin uscito in Italia come Un impercettibile trucco della mente (Giano, 2006, traduzione di Giovanna Scocchera).

E con questo, le buone notizie sono finite. Beninteso, che Cullin torni dall’oblio è sicuramente una notizia ottima. Già autore di “Tideland” (portato sullo schermo da Gilliam nel 2005), Mitch Cullin è uno scrittore di talento, innamorato del Giappone e ossessionato dalle conseguenze della Seconda guerra mondiale, sempre in bilico tra il mondo dei ragazzi e quello – corrotto, difettoso – degli adulti. Una specie di Philip Ridley americano, meno radicale ma comunque perturbante.

A Slight Trick of the Mind, da cui Jeffrey Hatcher ha tratto la sceneggiatura di questo Mr. Holmes, ha come protagonista nientepopodimenoché Sherlock Holmes anziano, ormai novantatreenne, piagato dalle prime avvisaglie di demenza senile ma non per questo rincoglionito. Rallentato, semmai. Intermittente. Ammorbidito nel rapporto con gli altri esseri umani. Ça va sans dire che McKellen, con questa interpretazione, punta dritto alla statuetta di zio Oscar, degno coronamento di vent’anni ruggenti trascorsi sul grande schermo a partire dal magnifico “Riccardo III” di Richard Loncraine.

In stand-by da tempo, il film ha indubbiamente beneficiato del successo di Sherlock, la serie «reimmaginante» prodotta dalla BBC con Cumberbatch, Freeman e la regia ludica di Paul McGuigan. Anche Cullin, al momento di concepire il testo, realizzò una specie di reboot holmesiano ante litteram partendo dai pochissimi spunti di Conan Doyle circa la vecchiaia di Sherlock e arrivando a inventarsi di sana pianta un’ultima avventura del nostro, scritta di suo pugno – senza più cioè il filtro imbellettante di Watson, ormai morto e sepolto. Il che offre al regista di Demoni e dei l’unico spunto cinematografico degno di questo nome, ovvero l’interpolazione di un finto film apocrifo di Sherlock Holmes, in bianco e nero e con certe atmosfere camp à la James Whale.

Alla fin fine, tuttavia, Mr. Holmes resta un mero veicolo per il suo attore principale. Il film in sé sta in piedi, il cast nel complesso funziona (c’è pure Philip Davies, della scuderia di Mike Leigh, in una particina) e il contesto bucolico, tra api, vespe e le bianche scogliere di Dover, risulta piacevole e congeniale. Peccato per la solita confezione buonista e ruffiana. Oscar a parte, ora McKellen potrà aggiungere un nuovo personaggio eccellente alla sua maglietta «per invidiosi», che finora recitava «I am Gandalf and Magneto… Get Over It». E gli spettatori cinefili? Be’, faranno meglio a rispolverare il «giovane Sherlock Holmes» realizzato da Barry Levinson nel 1987, Piramide di paura. Quello, sì, una vecchia quercia.

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

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