Sull’onda del successo di “Scialla”, Francesco Bruni, sceneggiatore di punta del cinema italiano, torna per la seconda volta dietro la macchina da presa con una storia di ordinaria quotidianità. “Noi 4” ruota intorno alle vite dei membri di una famiglia romana, e il dettaglio geografico non è di poco conto. Il background socio-culturale capitolino caratterizza il film sin dalla prima inquadratura, un’alba bellissima che subito viene riempita dai volti dei protagonisti, colti ognuno nel loro stato d’animo soggettivo. Un nucleo familiare dove il tutto non è la somma delle parti, dove le individualità di ognuno si incontrano e si scontrano facendo i conti con caratteri, gesti e sensibilità diversissime. Il racconto copre l’arco di una sola giornata, in cui l’evento annunciato come fondamentale è l’esame di terza media del figlio più piccolo, Giacomo, rimasto a vivere con la mamma dopo la separazione dei genitori.
Il dramma del distacco non incombe però sulla storia, perché l’amore continua a serpeggiare tra incomprensioni e derive esistenziali. All’equilibrio di Giacomo e della madre – un ingegnere che incarna tutto il rigore della natìa Russia dirigendo i lavori della metropolitana – fa da contraltare il caos artistico della figlia maggiore Emma, che vive in un teatro occupato, e del padre sedicente scultore.
La scrittura di Francesco Bruni non colpevolizza questa figura di narciso imprigionato a quasi cinquant’anni nel sogno bohémien, che non riesce ad assumersi le responsabilità della vita adulta: sono la sua leggerezza e gli slanci emotivi a smussare il carattere spigoloso della moglie, prigioniera dell’ansia e del rimpianto per la giovinezza perduta. Una donna incapace di riscoprire il valore della bellezza – quella del suo corpo come quella dell’arte che rallenta i suoi scavi per la metro – e di lasciarsi andare al disordine, all’emozione dell’imprevisto.
Una coppia divisa eppure ancora profondamente legata, espressione di due modi diversi di intendere la vita che si oppongono e allo stesso tempo si completano l’un l’altro, trasferendo specularmente nei figli la propria impronta. Una serie di eventi inaspettati rompe gli schemi di questa lunga giornata e costringe a creare nuove simmetrie, a uscire dall’ipocrisia, per approdare a una (presunta) ritrovata armonia.
“Noi 4” sarebbe un film come tanti, retto su stereotipi e immagini già viste, se non fosse caratterizzato dal rapporto che Bruni, abituato da sceneggiatore a una particolare confidenza con i personaggi, costruisce con il racconto. Sono il calore e la luce delle sue inquadrature a esaltare e indagare l’espressività degli attori, cui va l’altra metà del merito per la riuscita del film, capaci di sfuggire dai luoghi comuni e di non scivolare nello stucchevole, riempiendo le immagini di un’atmosfera autentica.
Oltre ai già apprezzati Ksenia Rappoport e Fabrizio Gifuni, è la freschezza dei giovani Francesco Bracci e Lucrezia Guidone a bucare il video. Se il primo, appena adolescente, avrà ancora una carriera da costruirsi, la seconda rappresenta una felice scoperta per il cinema italiano. Bruni non ha questa volta lanciato un’esordiente – come accadde con Filippo Schicchitano per “Scialla” – ma piuttosto “traghettato” dal teatro al grande schermo una professionista dell’arte recitativa, che allo studio unisce una fortissima presenza scenica, che filtra anche non vedendola dal vivo.