Primavera durante la Guerra. Ogni giorno un uomo trasporta il latte e attraversa il fronte a dorso di un asino, schivando pallottole, per portare la sua preziosa mercanzia ai soldati.
Benedetto dalla fortuna nella sua missione, amato da una giovane donna del paese, tutto lascia pensare che un futuro di pace lo stia aspettando… fino a che l’arrivo di una misteriosa donna italiana sconvolgerà la sua vita completamente.
Inizia così una storia di passione, di amore proibito, che farà precipitare i due protagonisti in una serie di fantastiche e pericolose avventure. Si sono uniti per caso e niente e nessuno sembra in grado di fermarli.
“Nella vita di oggi è difficile capire quanto sia realtà e quanto sia finzione, quanta finzione entri nella realtà. Vivendo così velocemente facciamo anche molti più errori di quanti ne faremmo. Però il cinema non è una bugia, il cinema deve tornare ad essere “bigger than life” come era la Hollywood dei ’50 o ’70. Oggi troppi film sono fatti secondo le regole del marketing e il cinema è un po’ inferiore alla vita”.
In questa intervista rilasciata all’Osservatori Balcani e Caucaso, think thank impegnato dal 2000 nel dibattito sull’integrazione dei Balcani nell’UE, Emir Kusturica riassume in una risposta il succo del suo cinema da sempre trasognante e in fuga dalla realtà con la loro compenetrazione, in un’oscillazione continua tra la tragedia e il tragicomico.
Uno sguardo, il suo, da sempre concentrato su tali tematiche che si rincorrono e si ripetono vorticosamente nel suo universo gitano, ormai codificato e assodato nella sua filmografia.
Anche nell’ultimo “On The Milky Road”, Kusturica non si smentisce affatto e inserisce nel frullatore gli ingredienti di un “linguaggio che mescola l’amore e la sofferenza” che per il regista è quello che apre qualsiasi barriera, definendo sé stesso: “un soldato dell’amore. Credo che sia una sostanza indispensabile, l’elemento più forte che da motivazioni agli uomini. Per questo ci sono le storie d’amore in tutti i miei film”.
Lo stesso vale per la presenza strabordante del mondo animale assurto a simbolo (l’asino, che è “l’angelo custode di Kosta/Kusturica, il serpente del latte come nell’antica credenza, le oche, le pecore, i gatti…), i quali hanno anche un compito drammaturgico nel momento in cui si fanno protettori e salvatori dell’umano, in piena sintonia con l’ambiente, quasi come se potessero controllarlo.
Torna alla mente, seguendo questo fil rouge, “La Vita è Un Miracolo”, film presentato a Cannes nel 2004, che come molti altri film della sua carriera impressiona per l’auto-trafugamento che compie nei confronti del suo stesso cinema, impedendone un avanzamento nonostante Kusturica affermi che: “On the milky road” trae spunto da diversi aspetti della mia vita. Se dovessi tracciare un paragone tra il mio cinema di ieri e quello di oggi, direi che oggi tendo a guardare di più alle origini. In altri momenti della mia vita, il cinema esisteva in un dialogo con le altre arti: letteratura, pittura e così via. Questa volta, invece, mi interessava soprattutto concentrarmi sulla purezza del linguaggio cinematografico in sé”.
Il tentativo di parlare il linguaggio cinematografico nella “purezza” delle origini è probabilmente ravvisabile in certi momenti, i più freschi e divertenti, come quello in cui Monica Bellucci (qui nella parte di una promessa sposa italiana) raccoglie l’acqua dal pozzo a velocità raddoppiata. Un’esuberanza mimica che supera perfino quella folle dei quadri sovrappopolati e senza freno dei film di Kusturica, sino a divenire un omaggio alla commedia slapstick, senza però un ulteriore approfondimento.
Così anche il suo desiderio di tornare all’ età dorata del cinema hollywoodiano risulta essere un’utopia, peraltro dannosissima per il cinema contemporaneo, già intrappolato in alcuni casi, nei dettami che vorrebbero fare della derivazione il proprio imperativo.