È difficile rimanere indifferenti di fronte a questa opera che intreccia la potenzialità intrinseca dei contenuti (Lavorare con lentezza di Guido Chiesa è l’esempio forse più eclatante dell’attenzione del cinema recente verso il mondo delle radio libere) alle scelte un po’ bizzarre del suo regista. Escludendo totalmente le immagini di repertorio, ambientando la storia in uno stravagante futuro sospeso tra pop-collage e evocazioni fumettistiche, Falsetta sceglie un registro tutto suo, concentrandosi sul caso delle radio libere in Calabria, terra dove le conquiste culturali sono molto più complicate.
La vicenda parte da un romantico atto terroristico di Awanagana, mitico fondatore di Radio Montecarlo, il quale boicotta tutte le frequenze delle radio moderne: al loro posto, le onde radio vengono tempestate di musica anni settanta. Una futuristica associazione di censura manda una sua agente, la bionda Barbara Bi, a reprimere l’atto di protesta. L’indagine porta alla conoscenza e allo svelamento di una serie di personaggi che si sono resi protagonisti della stagione delle radio libere.
Questo lo spunto di partenza: il canovaccio, però, rimane tale perché Falsetta evita di preconfezionare un prodotto uguale ad altri. Le testimonianze dirette si accavallano e delineano uno scenario di grande fervore culturale: i fondatori delle radio libere coinvolgono lo spettatore parlando a tutto tondo delle loro esperienze “marziane”, almeno secondo Falsetta. I loro programmi ebbero infatti la forza di stravolgere i palinsesti delle radio convenzionali e dare spazio a un nuovo tipo di musica: soul, rock, punk, musica techno: insomma, tutta l’avanguardia della musica alternativa.
La pretesa di originalità non sempre paga. Così come l’esasperazione di un linguaggio che, più che concentrarsi sui contenuti, sembra voler uscire ad ogni costo dal rigore espressivo con un melting pot di difficile comprensione, nel quale anche le idee più interessanti (ad esempio gli inserti di Awanagana) finiscono per essere tritati dentro uno stile che punta a spiazzare lo spettatore.
In un tripudio di colori pop, con un colonna sonora alla quale hanno partecipato anche i Rockets, Falsetta mischia passato e presente, finzione e realtà, personaggi finti con persone vere. Alla fine resta la sensazione che l’argomento, tutto sommato, meritasse altro sviluppo. Perché la potenzialità della materia affrontata era notevole. E il registro scelto da Falsetta non riesce a essere convincente fino in fondo.