Florian Henckel von Donnersmarck (Le vite degli alti, The Tourist) trae ispirazione per il suo nuovo film dalla realtà percorsa in tre epoche distinte della storia tedesca. “Werk ohne Autor” racconta la vita e le vicissitudini del giovane studente d’arte Kurt perdutamente innamorato di Ellie sua compagna di studi. Relazione che incontra l’ostilità del padre della giovane, il professor Seeband, medico conosciuto e stimato, con il fermo proposito di porre fine alla storia dei due giovani. Ma nessuno è a conoscenza di quello che Seeband tiene nascosto; tra i due esiste un legame tragico quanto misterioso.
“Mi sono innamorato dell’idea di andare ad esplorare la creatività umana – dice Florian Henckel Von Donnersmack – “L’alchimia che si crea tra un artista e la propria vita, riuscendo a trasformare i drammi della sua vita in arte. Ho cercato a fondo una storia di questo tipo. Un artista formato nelle tragiche vicende della storia tedesca che riesce a trasformare in arte i traumi vissuti”.
“Io credo nell’arte libera – aggiunge il regista tedesco – Volevo mostrare come un sistema politico possa fermare l’arte incanalandola in direzioni precise privandola di fatto della sua essenza. E’ impossibile fare grande arte sotto un regime totalitario. Volevo mostrare come i nazisti avevano la propria idea di arte, come del resto i comunisti, e come il protagonista, quest’ultimo può esprimersi e dare il meglio di se solo quando è realmente libero”.
“Credo che ogni censura sia problematica. Anche l’autocensura lo è. La paura di essere esclusi, i limiti che ci imponiamo sono nocivi per l’arte. La libertà di espressione è un aspetto fondamentale per l’arte. Sono contrario ad ogni tipo di censura, preferisco il caos di una società dove tutti possono esprimersi anche da un punto di vista artistico”.
“L’arte dei nazisti e dei comunisti si incentrava sull’artigianalità e sul messaggio politico. Nel dopoguerra la Germania occidentale si è inventata nuovamente tutto. Anche l’artigianlità è stata spazzata via. Nell’arte contemporanea spesso l’aspetto artigianale viene nascosto ed abbiamo molte opere che sembrano non avere senso, per questo la professione dei critici è molto importante perchè c’è il rischio che le opere d’arte spariscano nascoste da un esubero di opere di scarso valore”.
“Ho pouto parlare con persone che hanno sperimentato tutti questi aspetti e presento la mia visione personale. Il personaggio principale assiste a crimini indicibili, ma deve sempre guardare in faccia la realtà anche se è cruenta. Non voglio che la visione del mio film sia facile, voglio che i crimini del nostro passato emergano e venga fuori tutta la sofferenza che si sono portati dietro. Non volevamo rappresentare l’olocausto ma la soppressione delle persone vittime di disturbi mentali
“Io credo che l’artista possa proteggersi dal mondo. Già nelle sue opere mostra il suo vissuto e la sua sofferenza, è tutto chiaro nei suoi quadri e non vuole spiegare le opere, perchè vuole far emergere la forza delle stesse. Il protagonista crea sulla base del suo istinto e della sua emozione”.
Il produttore del film Jan Mojito, chiarisce il punto di vista di Von Donnersmarck: “Abbiamo parlato della memoria della Germania in maniera nuova. Non solo il punto di vista dei vincitori, né quello di una generazione che si sentiva solo colpevole per i terribili crimini del nazismo, ma anche quello che guarda alla Germania cercando di indagarne la natura intima, raccontare le radici dei tedeschi di oggi. Un paese che a differenza di altri ha fatto i conti con il proprio passato e con la propria memoria. Il film vuole raccontare l’anima profonda della Germania, andando ad indagare nelle viscere di un popolo”.