Dell’australiano Ben C. Lucas non si è sentito più parlare dopo il suo bellissimo esordio, Wasted on the Young, ormai datato 2010. Otherlife è un progetto che ha richiesto una lunghissima gestazione ed è finalmente pronto. Al momento destinato alla circolazione festivaliera è stato presentato lo scorso giugno al Sidney Film Festival e ha già ricevuto alcune recensioni molto positive da importanti quotidiani statunitensi.
Jessica De Gouw, attrice nota sopratutto in Australia, è Ren Amari, ricercatrice che ha sperimentato gli effetti di una nuova droga in grado di espandere il senso del tempo e di creare un ambiente di realtà virtuale direttamente dalla mente dell’utente che se ne serve. Alla vigilia del lancio, il governo cerca di mettere le mani sulla rivoluzionaria scoperta per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario; l’intenzione sarebbe infatti quella di creare alcune celle virtuali per creare una vera e propria prigione della mente. Ren cercherà di opporsi, ma sarà proprio la sua resistenza a chiuderla in una cella virtuale. Dovrà cercare di fuggire prima di impazzire, per tenere sotto controllo il sistema creato da Otherlife, affinchè altri non patiscano il suo stesso destino.
“Chi si aspetta un film in stile Total Recall – ha dichiarato il regista Ben C. Lucas – rimarrà deluso. Otherlife è un’altra cosa ed è totalmente concentrato sul personaggio e sul contenimento individuale di tutti gli aspetti connessi alla realtà virtuale”
La Fantascienza di Lucas non è quella distopica tanto battuta dal cinema contemporaneo, ma ha un approccio maggiormente filosofico.
L’esperienza di coloro che nel film utilizzano “Otherlife” espande la percezione di un minuto reale a quella di un mese nella realtà virtuale. Il tipo di interrogativo che Ben C. Lucas solleva è molto vicino a quello che è alla base dell’origine letteraria del film. Tratto da Solitaire di Kelley Eskridge, Otherlife si interroga sui processi che hanno condotto la tecnologia nel baratro dell’esperienza solitaria e individuale.
Ben C. Lucas si conferma quindi interessato alla relazione tra uomo e interfaccia, se pensiamo che “Wasted on the young“, al di là dell’involucro “universitario” era un film lucidissimo sulla diminuzione di responsabilità che colpisce tutti quanti, nella relazione quotidiana con i social network.