lunedì, Novembre 4, 2024

Paolo Sorrentino – Hanno Tutti Ragione (Feltrinelli, 2010)

Ci vuole tanto ritmo. Un battito che, perlopiù, viene fornito dagli aggettivi. Spiazzanti e convincenti, iperbolici e precisi… gli aggettivi seducono, i sostantivi annoiano; Federico Fragasso sul Romanzo di Paolo Sorrentino...

Probabilmente era solo questione di tempo prima che Paolo Sorrentino, già fra i più valenti registi del panorama italiano contemporaneo, approdasse alla letteratura. Lo si poteva intuire dal ruolo di primo piano che la parola ha sempre avuto nel suo modo di fare cinema. Un cinema ricco sì di belle immagini, ma poggiato anzitutto su sceneggiature solide e characters ben delineati. Personaggi indimenticabili, per mezzo dei quali venivano proferite battute memorabili. Personaggi “da romanzo”, per l’appunto. E dunque, l’autore ha finalmente deciso di rompere i vincoli imposti dalla scrittura cinematografica, facendo deflagrare la parola in tutta la sua magnifica potenza. In effetti è questo che in primo luogo colpisce di Hanno Tutti Ragione, la ricchezza del linguaggio. Il ritmo sulla pagina è frenetico: i dialoghi, gli aforismi, le riflessioni si susseguono senza sosta, in maniera quasi ipertrofica. Poco lo spazio concesso alle descrizioni, la narrazione è troppo viva e veloce per soffermarsi su elementi statici. D’altronde lo afferma il protagonista stesso in una delle sue lezioni di seduzione: “… ci vuole tanto ritmo. Un battito che, perlopiù, viene fornito dagli aggettivi. Spiazzanti e convincenti, iperbolici e precisi… gli aggettivi seducono, i sostantivi annoiano”. Da questo punto di vista sono chiari gli intenti di Sorrentino, che dota i suoi personaggi di un linguaggio colorito e inusuale anche in riferimento alle espressioni più comuni (“viviti ‘sta cernia”, “sbilanciami una sigaretta”, “avranno una priorità i cazzi miei?”). Una peculiarità che letteralmente esplode nella voce narrante di Toni Pagoda. Già interpretato da Toni Servillo ne L’uomo In Più, (all’epoca si chiamava ancora Toni Pisapia), il nostro è un cantante da night, sessuomane e cocainomane; il simbolo degli eccessi vissuti da certa umanità tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta. Un personaggio che, autoesiliandosi per quasi vent’anni in Brasile (e quindi non vivendo alcune fasi cruciali della storia italiana, dagli anni di piombo a Tangentopoli), fornisce all’autore il pretesto per mettere a confronto due lontanissimi (non solo a livello temporale) modi di stare al mondo. Un confronto da cui, manco a dirlo, l’attualità esce irrimediabilmente sconfitta. È d’obbligo sottolineare come Pagoda, all’inizio della nostra storia, abbia già quarantaquattro anni; quando finalmente si congederà dal lettore ne avrà compiuti settantasei. Toni è dunque un protagonista “vecchio”, una scelta quanto mai inattuale se posta in relazione alla frenesia giovanilista che opprime la nostra società. Una scelta che, tuttavia, è coerente alla poetica di Sorrentino. Se guardiamo a pellicole come Le conseguenze dell’amore o L’amico di Famiglia, possiamo facilmente renderci conto di come la gioventù venga relegata in ruoli marginali, solitamente incarnata dai comprimari femminili (Sofia, Rosalba), simboli al tempo stesso di redenzione e di perdizione. A ben pensarci, i protagonisti amati dal regista di Napoli sono sempre stati uomini piuttosto avanti con gli anni, cinici e non privi di caratteristiche sgradevoli. Tuttavia, se avete trepidato per Titta di Girolamo, Geremia de’Geremei o lo stesso Andreotti, sarà difficile non appassionarsi alle vicende di Toni Pagoda, l’ennesimo “cattivo” traboccante di umanità. Una lettura assolutamente consigliata.

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è ricercatore in Scienze Storico-Sociali presso l'Università degli Studi di Firenze, giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco. Was ist ist, was nicht ist ist möglich. Nur was nicht ist ist möglich.

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