Home news Per sfortuna che ci sei di Nicolas Cuche: la recensione

Per sfortuna che ci sei di Nicolas Cuche: la recensione

È inevitabile. Allo scoccare della stagione estiva un’invincibile armada di commediole e horror di serie Z sbarca puntuale nelle sale, per allietare le serate dei pochi superstiti urbani. Si inscrive degnamente nel filone Per sfortuna che ci sei, autografato dal regista e sceneggiatore francese Nicolas Cuche, che torna alla commedia dopo alcune incursioni nel giallo. A partire da uno spunto più o meno demenziale (in perfetto stile, Amore a prima svista, titolo italiano compreso), Per sfortuna che ci sei sviluppa con brio altalenante l’improbabile intreccio di amore, sfortuna e tanti guai di una coppia piuttosto male assortita. Stavolta il bruto è Julien Monnier (Francois-Xavier Demaison), consulente matrimoniale che, fin da tempi non sospetti (genitori in crisi e compagni di scuola sono un’ottima palestra), si dedica a rimettere insieme i cocci di coppie sull’orlo di una crisi di nervi, conduce spose scalpitanti all’altare e sciorina frasi eleganti su tolleranza e unità familiare. La bella è Joanna (Virginie Efira), promettente designer, che sogna di sfornare l’autovettura del futuro (e l’ispirazione migliore verrà dalle forme più insospettabili), ma si ritrova alle dipendenze di un artistoide eccentrico e vagamente isterico. Dopo un incontro casuale (a un matrimonio altrui, off course), qualche bicchiere di troppo e una camera d’albergo, Julien e Joanna si ritrovano innamorati e felici, mentre anche gli impegni d’ufficio sembrano andare a gonfie vele. Naturalmente l’inghippo è dietro l’angolo, e non si tratta di un ex fidanzato invadente: dietro il sorriso bonario e la calvizie incipiente di Julien si nasconde il peggior jellatore che la storia ricordi, il gatto nero pronto a mettere involontariamente a repentaglio la stabilità fisica e mentale di ogni donna che osi avvicinarglisi, il venerdì 17 di ogni relazione a breve e lungo termine. A differenza di altri suoi colleghi, Julien porta sfortuna soltanto alle donne di cui si innamora, così da aver collezionato una ragguardevole serie di fidanzate colpite da ogni sorta di sventura (allergie e bubboni, scottature e malanni vari sono il suo marchio di fabbrica, tanto che il suo migliore amico è il dottore che si occupa di riassestare le sue acciaccate conquiste). Come prevedibile, malgrado gli sforzi rocamboleschi di Julien, la sfortuna inizia a perseguitare la povera Joanna che, nel volgere di qualche giorno, incendia la casa dei futuri suoceri, finisce in ospedale, perde il lavoro dei suoi sogni e inanella una serie di memorabili figuracce, finché il sospetto che il fidanzato sia uno jettatore si trasforma in una terribile certezza. Di qui in poi la storia, fra baruffe e fraintendimenti, procede su binari consolidati: rottura del fidanzamento, affascinanti rivali in agguato (si sa che un miliardario scavezzacollo non manca mai) e autoesilio del colpevole in un monastero sul genere di Uomini di Dio, lontano mille miglia da qualsiasi creatura femminile. Non vale la pena di preoccuparsi troppo, il lieto fine si farà attendere un po’, ma non mancherà di presentarsi all’appello, non appena i due piccioncini si renderanno conto che la sfortuna è soltanto una questione di prospettiva. Mettendo al bando gli psicologismi, Cuche affida la buona riuscita del film alla chimica fra i suoi effervescenti protagonisti, sempre circondati da una galleria di strambi personaggi, e all’impianto da cartoon, che mescola ilarità e sentimento ammiccando allo spettatore, e si avvale di una serie di effetti visivi poco usuali nelle commedie d’oltralpe (brusche accelerazioni, dissolvenze, cartelli e vignette punteggiano la storia). Alla fine comunque, clima parigino e solitudini montane a parte, il modello USA si impone senza troppi sforzi (“sarà americano”, commentano non a caso i clienti di Julien, perplessi di fronte ai modi inusuali del loro consulente) e del famoso tocco alla francese non rimane nemmeno l’ombra.

Exit mobile version