Mondo Bizzarro, Ottobre 2007
Un viaggio chimerico, perfettamente sospeso in un alchemico mondo parallelo, soprannaturale.
Ray Caesar impressiona per la capacità che i suoi ritratti in digitale hanno di trasmettere il senso della tridimensionalità.
Quadri mai dipinti, frutto di una tecnica rubata al cinema, durante gli anni in cui ha lavorato tra i segreti degli effetti speciali in digitale, che lo stesso artista definisce di “semplice” applicazione. Sicuramente di enorme genio, che si racconta attraverso la trasformazione che subisce uno scheletro iniziale in 3D prodotto in “Maya” rivestito poi, strato dopo strato, di texture che riproducono abiti, capelli, pelle. Fino a rendere netta la forma, corposo l’intero setting. Tutto viene, infine, modellato da fasci di luce digitale che rendono quasi respiranti le creature amovibili.
Manifestazione di memorie, dall’infanzia e dalla parte di vita trascorsa per lavoro all’interno di un ospedale pediatrico; ricordi imprigionati nei volti statici e candidi di donne bambine rappresentate con corpi gracili, di un pallore che le accomuna, etereo e iridescente.
La pelle bianca, sottile, quasi fragile, lascia trasparire piccole venature rosacee.
Sembra quasi di osservare algide creature ultraterrene, immaginate e riflesse in un poliedrico salotto che le vede protagoniste assolute della scena che si dispiega all’interno di camere dagli arredi vittoriani o si incastona in surreali atmosfere.
Accanto a queste creature iridate, altri soggetti animati prendono forma e vita dalla stessa luce vitale che nutre le sagome glaciali; oggetti sparsi ma sapientemente accostati al mondo tridimensionale che pare non si addormenti mai.
Sono simboli parlanti, che suggeriscono fortissimi richiami con scene che Caesar conosce bene, che ammira e ripropone, affascinato e affascinante. Cenni dalla pittura e dal cinema surrealisti, invenzioni figurative e ispirazioni che si rifanno agli orologi di Dalì, non luoghi attraversati da formiche come in Bunuel, simboli matematici che ripercorrono le teorie pitagoriche.
Celebrazioni che esaltano le deformazioni irrealistiche di cose e oggetti, dello spazio e del tempo, dei sogni sognati e di quelli vissuti. Si è detto che con Ray Caesar il cyberspazio appare come il “platonismo realizzato”, in quanto chi naviga in esso “lascia la prigione del corpo per emergere in un mondo di forme ideali” (Heim). Paura e orrore trovano la loro catarsi, i bambini riacquistano la purezza e l’innocenza che gli è propria, che non si dovrebbe macchiare del grigio alone della sofferenza.
Intrappolati in questo mondo di pixel bagnati di luce ritrovano, intaccabili, la compostezza della serenità, in un mondo a tratti grottesco ma che li difende più di quanto non faccia un corpo di anima e carne che li ha traditi.