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RomaFictionFest 2010 – Worried About the boy – di Julian Jarrold (Uk, 2010)

La chitarra è virile, la batteria fa sudare e le tastiere non se le fila nessuno… No, io sono un solista!; Caterina Liverani dal RomaFictionFest sul Biopic dedicato a Boy George

Marilyn:  Devi imparare a suonare uno strumento!

George: La chitarra è virile, la batteria fa sudare e le tastiere non se le fila nessuno… No, io sono un solista!

 

Boy George. Interessante la scelta, da parte del regista inglese Julian Jarrold (Kinky Boots, Becoming Jane) di questo personaggio come protagonista di un biopic. Worried About the Boy, prodotto dalla Read Production Company per BBC two e presentato al RomaFictionFest 2010 nella sezione Music Files, ripercorre gli inizi della carriera di una delle icone più forti degli anni Ottanta; dalla fuga dai suburbs verso Londra con un manichino sotto braccio alle amicizie del Blitz Club, dagli eccentrici look agli amori infelici, dalla notorietà all’abuso di droga tutto è narrato con sensibilità e grande attenzione al dettaglio divenendo un film eccellente molto al di sopra dallo standard del biopic televisivo. Il cast, nel quale spiccano Marc Warren uno spassosissimo Steve Strange e Freddie Fox l’affascinante travestito Marilyn, è davvero notevole, come notevole è la somiglianza del protagonista Douglas Booth all’originale. Il trucco, le acconciature e i costumi (che cambiano praticamente in ogni scena) che resero lo stile di Boy George unico, sono resi accuratamente come anche gli ambienti: le casa squattate, i locali e i sobborghi della Londra anni Ottanta. La strada verso il successo del leader dei Culture Club è raccontata da Jarrold attraverso primi piani del volto di George e carrellate sui suoi stravaganti compagni. L’amore per Kirk e poi per Jon, i conflitti con Frank, l’amicizia con Marilyn, il rapporto col padre severo ma comprensivo e preoccupato (Worried) per George sono tutti capitoli scanditi da una splendida colonna sonora e fotografati, in digitale, con realismo e poesia. Protagonista del film, insieme a Douglas Booth (classe ’92!) semiesordiente e sorprendentemente bravo che disegna un Boy George dolce ma sagace, ingenuo ma astuto, è la moda: l’unicità della filosofia dello stile New Romantic di Boy George è riassunta da una battuta dell’amico Marilyn che appena incontrato George osserva: «Non sei Punk, sei troppo truccato per essere un Mod, non mi sembri un Hippie….forse sei Glam?». Boy George ribadirà la sua diversità e la sua unicità nella non appartenenza a nessuna corrente modaiola per tutto il tempo, facendola diventare il primo ingrediente del duramente ottenuto successo. Il film, che si chiude con la prima esibizione dei Culture Club nella trasmissione Top of the Pop di  Do you really want to hurt me?, è veramente interessante, non solo per chi la musica la ama o la fa, ma soprattutto per chi vuole conoscere gli Ottanta o semplicemente ritrovarli. Una nota curiosa: accanto ad attori che con trucco e parrucche interpretano persone ancora vive (gli Spandau Ballet, Jon Moss, il recentemente scomparso Malcon McLaren e lo stesso Boy George, ovviamente) di David Bowie, venuto al Blitz Club in cerca di comparse per un video clip, si vede solo una mano.

La Mano di David Bowie

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