martedì, Novembre 5, 2024

Sei mai stata sulla luna? di Paolo Genovese: la recensione

Paolo Genovese non ci è mai sembrato granché; a dispetto di quella critica “militante” che in mancanza di meglio è costretta a inventarsi qualche traiettoria vitale per contrastare la supponente autorialità di certo nostro cinema, i film del regista romano hanno rappresentato, fino a qui, il minimo sindacale, un tentativo di affrontare la commedia attraverso la messa in scena di un dispositivo che riuscisse a relazionarsi con il testo attraverso gli elementi del set; in questo senso la scrittura di Genovese era sicuramente quanto di più vicino alla sintesi della commedia sentimentale americana, nel tentativo di servirsi degli oggetti come elementi del discorso, alternativamente per sabotarlo, costruire una piccola riflessione meta-testuale oppure semplicemente attivando una relazione funzionale tra “cose” e racconto; ovvero tutto quello che non riesce al cinema con il bollino dell’autore DOCG e che per ragioni che risiedono sul confine della provocazione, in Italia tocca andarsi a cercare in un contesto che per lo meno mantiene un rapporto onesto e specifico con il mestiere. Una boccata d’aria fresca, ci mancherebbe, ma da qui a costruirci un discorso “teorico” ce ne corre, con il risultato magari di farsi leggere dai soliti amici usciti dalle scuolette di cinema, quelli che vorrebbero masturbarsi sui popcorn del vicino di sala mentre mantengono una fiera “militanza” isolazionista; de gustibus.

Ecco allora che il “peggior” film di Paolo Genovese risulta improvvisamente il peggiore per tutti, proprio in funzione di quel minimo sindacale di cui parlavamo, che sostituendo Giallini con Bova ne allinea i risultati all’ultima rivista da prime time di Alessandro Siani, non a caso con la stessa conclusione strapaesana, in quella rappresentazione della piazza che è la pietra tombale delle preferenze “corali” del regista di “Immaturi”, qui esemplificate dalla moltiplicazione di un meccanismo binario; il doppio bar nella piazza principale, la chat come schermaglia d’amore, la campagna con-tro la città e l’adattamento ad un ambiente estraneo e ostile sulla linea “bisbetica” di Castellano e Pipolo.

Binaria è anche la contrapposizione tra contemporaneità e vita verace, il miele delle api e la moda come libertà punk’n’roll (che il glam di Joan Jett li perdoni), ben rappresentati da quell’immagine sintetica del battellino in riva alla Senna, dove Bova coltiva pomodori, il figlio impara il francese e Liz Solari li raggiunge dopo una corsa in bicicletta per le strade di Parigi.

Nello scenario dell’ennesimo spot turistico per il grande pubblico, la semplificazione non è così lontana dalla commedia per la nuova classe dirigente del Partito Democratico diretta da Riccardo Milani o dal pippone sulle nuove tecnologie dell’Archibugi, anche se si deve riconoscere a Genovese una capacità molto più dinamica che gli consente di sbarazzarsi del sermone per tradurre il racconto in una messa in scena più ricca e causale.

Sei mai stata sulla luna? non è però così lontano dalla retorica di alcuni titoli italiani recenti come si diceva, complici anche le penne televisive di Pietro Calderoni e Gualtiero Rosella che scrivono la sceneggiatura insieme allo stesso Genovese, neutralizzandone le capacità combinatorie in una successione di maschere e situazioni da vecchia rivista, Rubini/Solfrizzi, Solfrizzi/Impacciatore, e ovviamente la Solari sorpresa in mezzo al letame della “vita vera”, in tutti i casi isolati nello spazio  chiuso del teatrino.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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