C’è un’atmosfera da “battle of the sexes” nel nuovo film di Jake Kasdan, poco importa se il confronto sulla sessualità si fa più acceso rispetto ai costumi dei primi anni sessanta, perchè lo spirito romantico che lo alimenta ha il sapore delle schermaglie amorose nel cinema di Delbert Mann, tradizione a cui il figlio di Lawrence Kasdan si riferisce, osservando con attenzione quei meccanismi causali che giungono fino a noi attraverso la brillante scorrettezza delle commedie di Nicholas Stoller e Judd Apatow, autori che condividono con “Sex Tape” la presenza di Jason Segel e una decisa scelta di campo da parte dello stesso Kasdan, chiara sin dai suoi esordi “Apatowiani” come autore e produttore esecutivo per alcuni episodi di Freaks And Geeks, e dal suo tentativo di spingere nuovamente Cameron Diaz, già diretta sempre insieme a Segel in “Bad Teacher“, dalle parti dei suoi personaggi più “svitati”.
Stralunata come Doris Day, la Diaz si ricorda d’esser stata uno straordinario cartoon e insieme a Segel punta ad esasperare il funzionamento “slapstick” della commedia romantica, nel rapporto tra oggetti e situazioni, corpo e set, tanto che tutta la parte iniziale del film è un “pillow talk” che sostituisce il telefono con la rete dei blogger e dei contenuti condivisi.
Annie (Cameron Diaz) mantiene un blog sulla famiglia dopo averne messa in piedi una tutta sua, mentre il marito Jay (Jason Segel) gioca con gli iPad di ultima generazione per sincronizzare playlist musicali, utili per il suo lavoro come Dj.
È la stessa Annie che scrive sul suo blog dell’energia sessuale che ha caratterizzato i primi anni di relazione insieme a Jay, una furia godereccia irrimediabilmente assopita dopo la nascita dei figli. Incapaci di trovare nuovamente uno spazio intimo, la sera in cui riescono a spedire tutta la prole dalla nonna, Annie e Jay decidono di darci finalmente dentro, ma l’agilità e la concentrazione non è più quella di un tempo, fino a quanto Annie non si inventerà un nuovo giochino: consultare insieme al marito tutte le pose di “The Joy of sex”, il noto manuale illustrato scritto dal sessuologo Alex Comfort e pubblicato per la prima volta negli anni ’70, per riprodurne tutte le posizioni, filmando interamente l’interminabile prestazione.
Il risultato sarà un video di tre ore registrato su uno degli iPad di Jay, che rimasto memorizzato in locale a dispetto delle richieste di Annie affinchè fosse cancellato, finirà accidentalmente condiviso in rete attraverso il sistema Cloud. L’abitudine di Jay a regalare le vecchie versioni dei suoi iPad sincronizzati a tutti quanti, dagli amici al postino, obbligherà la coppia ad una delirante quest per recuperare i dispositivi e difendere la loro privacy.
Kasdan costruisce una commedia divertente e tracimante, giocando proprio sul contrasto tra corpi e tecnologia e sfruttando l’esasperazione autistica di certa commedia americana che nel suo iper-realismo delirante si avvicina con onestà e senza pesantezze autoriali alla natura disfunzionale e irregolare dei sentimenti.
Che Sex Tape conservi a margine una riflessione sulla mutazione cognitiva del desiderio, un po’ come succedeva in “Don Jon”, l’esordio nel lungometraggio di Joseph Gordon-Levitt, è chiaro da una serie di tracce che si insinuano nel meccanismo ad orologeria delle situazioni. Il sesso tra Annie e Jay trova nuovamente vita nel passaggio dalle illustrazioni di “The Joy of sex”, documento “vintage” di come la stimolazione pornografica entrava all’interno del menage famigliare attraverso l’alibi scientifico, alla possibilità di giocare con i nuovi dispositivi audiovisivi, estensioni assimilate di corpi e gesti.
Lo stesso andamento del film, tra slapstick e commedia degli equivoci, viene sviluppato come la propagazione di un processo virale, con gli amici della coppia che scopano in macchina eccitatissimi dopo aver visto il filmato; il figlio di questi che ricatta Jay dopo aver caricato l’mp4 su Youporn; un incredibile Rob Lowe, che dietro l’apparente spirito riconciliato, nasconde ancora cattive abitudini come un bambino cresciuto in clandestino contatto con gli aspetti più eccitanti del gioco. Oltre a questo, Kasdan si diverte ad inanellare una sequenza a catena di motti di spirito sulla comprensione del mondo virtuale sospeso tra liquidità e corporeità.
Non solo l’inettitudine di Jay che conosce bene l’uso direttamente funzionale dei mezzi di condivisione senza averne ben chiara la fisiologia: “non crederai mica che il cloud sia davvero una nuvola?” gli dirà Annie mentre lo aiuta nella cancellazione remota; ma anche tutta la gag, davvero irresistibile, che porta l’intera famiglia della coppia ad entrare nella farmhouse di Youporn, in uno scorrettissimo cortocircuito di segni che trova il suo apice nel cameo di Jack Black, proprietario del noto portale, qui nel ruolo pedagogico di un neo Alex Comfort connettivo.
In questo passaggio di stato, dallo spettacolo illustrativo alle strategie partecipative, Kasdan inserisce di tutto: la stimolante confusione tra parodia e product placement, con tutti i dispositivi della Apple maltrattati e superesposti (in un film della Sony), inclusa la dubbia politica sulla privacy del brand di Cupertino, che in “Sex Tape” viene chiaramente sbeffeggiata senza alcuna censura; il puro divertissment con lo stesso Jack Black che insieme al suo staff cita Clerks in quella lista formidabile di competitor dai nomi improbabili; l’accessibilità di contenuti non protetti da parte dei minori, affrontata senza alcun falso moralismo attraverso il contrasto tra il tentativo di Annie e Jay di proteggere i figli e l’atteggiamento da bullo virale dell’inquietante Howard (Harrison Holzer).
Molta carne al fuoco, ma senza nessuna forzatura, rende “Sex tape” una gustosissima e onesta commedia sul progressivo scivolamento dei nostri desideri in una dimensione tecnologica che crediamo di controllare, senza ancora conoscerne possibilità, limiti e linguaggio.