domenica, Novembre 24, 2024

Sieranevada di Cristi Puiu: la recensione

Siamo tra le mura di casa, in un ambiente familiare, diviso in più stanze attraverso le quali si spostano numerosi individui, parenti, amici e altri convitati, più e meno rilassati, qualcuno più divertito, qualcun altro decisamente esasperato: il contesto è quello della riunione di un ampio parentado per un pranzo commemorativo, in ricordo di un parente defunto. Immaginiamo, in questa particolare parentesi quotidiana, di collocare una cinepresa invisibile nei corridoi e nelle varie stanze di questo appartamento, permettendo a una serie di lunghi piani-sequenza di fungere da mezzo del racconto di questo singolare ritrovo di persone, diverse per sesso, generazione, interessi e naturalmente ideologia.

Questo è esattamente quello che compie il regista romeno Cristi Puiu nel suo Sieranevada, film presentato al Festival di Cannes nell’edizione del 2016 e solo in questi giorni uscito in Italia.

Questo titolo curioso potrebbe sollevare domande, ma Puiu non ha nascosto la sua natura nonsense: Sieranevada è prima di tutto, secondo l’intenzione precisa del regista, un titolo che non cambia nelle distribuzioni straniere. Parola unica, semplice e riconoscibile, un nome che può essere interpretato come evidente riferimento geografico, oppure come rimando ad un genere cinematografico che nella Sierra Nevada è nato e cresciuto, il western. Chiavi di lettura molteplici e soggettive che Puiu invita a sviluppare, pur ammettendo di aver scelto un titolo privo di un significato univoco. Sotto molti punti di vista, potremmo in effetti legare la natura quasi casuale di questa titolazione anche alla storia narrata nel film: la trama non sembra seguire una precisa linea narrativa, quanto piuttosto si sviluppa attorno ai conflitti scaturiti dai dialoghi tra gli individui presenti sulla scena.

A proposito di ciò, è facile che i rapporti tra questi personaggi risultino confusi agli occhi dello spettatore. I legami familiari sono tutt’altro che chiari, capire chi sia lo zio o il fratello di tale personaggio è un’impresa che Puiu non si sforza assolutamente di rendere facile e questo un po’ concorre a spingere il contesto nella direzione della commedia.

Il regista dunque gioca con lo spettatore e decide che il vero motore della narrazione, oltre allo stress generale sofferto dai singoli convitati, siano le stesse distanze generazionali e ideologiche che emergono dal confronto tra questi personaggi. Un atto dovuto nel contesto del pranzo di famiglia, quello del colloquio, dal quale non ci si può sottrarre se non uscendo fisicamente dall’abitazione, lontano da questa poco dinamica cinepresa.

In Sieranevada dunque si presenta uno spaccato di vita familiare colto nel peculiare periodo del lutto. Siamo in Romania, a Bucharest, in un appartamento dalle molte stanze che costituiscono le principali location del film, prevalentemente girato in interni. Il primo personaggio che ci viene introdotto è il medico Lary, che assieme alla moglie si dirige in auto verso la casa dei genitori. Il padre è ormai deceduto da oltre un mese e, nella tradizione delle onoranze funebri ortodosse, è solo dopo 40 giorni che la famiglia è tenuta a riunirsi per salutare l’anima del defunto, onorandone la dipartita con dei riti; alcuni sacri, come quello condotto dal prete invitato dalla famiglia per benedire la casa e i vestiti del defunto, altri profani, come il sedersi assieme a tavola per mangiare in compagnia.

Tuttavia, lo scenario che si viene a creare assume presto, in realtà sin dalle prime scene, i caratteri del grottesco e della commedia “amara”. I personaggi iniziano a rivangare il passato, accusandosi l’uno con l’altro di assurdità di ogni tipo. Ma non solo. A venire scomodata anche l’attualità, con i suoi miti e le sue problematiche, mentre ruolo di protagonista è lasciato alla politica estera e alla storia recente della Romania. Il tutto contribuisce a creare un quadro sociale preciso, che include la vecchia classe comunista e la sua opposizione, ma anche la dubbiosa mentalità complottista e gli scettici, in quanto tra i presenti c’è chi discute la veridicità degli attentati alle Torri Gemelle, commentando poi gli attacchi alla redazione di Charlie Hebdo.

Sieranevada è un film costruito secondo questa formula, che nasconde sotto l’apparenza della semplicità un complesso lavoro di sceneggiatura e messa in scena, oltre che un’importante opera di selezione degli argomenti scelti per i dialoghi. Il risultato è un’opera che funziona e interessa perché fonda le sue basi sull’illustrazione, dal sapore bunuelliano, di una borghesia alla deriva e su un’ironia originata dal confronto tra individui particolarmente stressati dalle circostanze insolite in cui si trovano, a malincuore.

L’ambiente casalingo, l’ottima idea di fondare una situazione tragicomica sul racconto di rapporti inter-parentali, infine un certo gusto per il commento spinto e l’allusione acida: sono elementi che ricordano un po’ le cene e quei pittoreschi quadri umani protagonisti della preziosa commedia all’italiana, può venire in mente il cinema di Germi e Monicelli, ma soprattutto l’Ettore Scola regista di La cena e La famiglia. E ben sappiamo quanto grande sia questo tipo di cinema, che riusciva a mescolare sapientemente questioni sociali e storiche a racconti autenticamente umani, per quanto dissacranti e talvolta eccessivi.

C’è dunque certamente dell’ironia nel racconto allestito con tanta cura da Puiu, che orchestra la dinamicità delle situazioni e dei dialoghi con maestria nonostante la difficoltà, dovuta al fatto che, come si diceva, non accade nulla. Proprio perché in fondo nulla accade, ma tanto, e forse troppo animatamente, si discute, a Lary che funge un po’ da alter ego dello spettatore non resta che darsi alla risata (sotto i baffi naturalmente). Ma al di là della risata, amara o spensierata che sia, resta in sottofondo la consapevolezza di assistere alla radiografia di un conflitto tra generazioni che presto ingloba l’intero spazio scenico e tutti gli individui presenti, emblematico in questo senso il litigio tra l’anziana comunista e la sorella di Lary che tiene a ricordare le vittime e i danni del comunismo in Romania.

Sieranevada risuona allora dei toni di un conflitto che ha il gusto amaro dell’homo homini lupus, senza esclusione di colpi, in un senso purtroppo molto letterale del termine. Ci si insulta pesantemente, dall’orrore comunista al sesso orale con l’amante ci si accusa di atti vergognosi e alla fine inevitabilmente si alzano pure le mani. Puiu restituisce in definitiva l’immagine poco rassicurante di una classe borghese che, tra manie di complottismo e un difficile rapporto con la storia recente del proprio paese, diventa un po’ il simbolo di un’Europa senza timoni, alla ricerca esasperata di un futuro al quale potersi saldamente aggrappare.

Michele Bellantuono
Michele Bellantuono
Veronese classe '91, laureato in Filologia moderna e studioso di cinema autodidatta, svolge da alcuni anni attività di critica cinematografica per realtà online. Ha un occhio di riguardo per il cinema di genere e dell'estremo oriente

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