Non è la prima volta che SpongeBob Squarepants approda sul grande schermo, il primo tentativo di confezionare un prodotto cinematografico ispirato alla serie Nickelodeon ideata da Stephen Hillenburg risale al 2004 e condivide con l’attuale versione 3D l’allargamento dell’ambientazione sottomarina al mondo “reale”. Quello che cambia radicalmente è il mash-up tecnologico impiegato che non si limita semplicemente ad affiancare segmenti CGI alla tradizionale animazione bidimensionale, ma sfrutta, proprio nella terra di mezzo tra questi due estremi, alcune ibridazioni davvero sorprendenti che rilanciano le deliranti avventure della comunità di Bikini Bottom in una dimensione ultra-pop.
Il film si apre con un’ambientazione live action, con il pirata Barba Burger (Antonio Banderas) appena approdato nella parte più nascosta di un’isola dove uno scheletro accomodato su un trono in mezzo alla fauna selvatica, custodisce un prezioso volume. Quando Barba Burger glielo strapperà di mano, ingaggerà una lotta con il custode tutt’ossa in stile “Jason and the argonauts”, degna introduzione per un film che si rivelerà un catalogo di citazioni, messe in circolo con il consueto gusto per il nonsense che ha caratterizzato la serie di Hillenburg; l’espediente è simile al film del 2004, dove la cultura di riferimento era quella degli anni ottanta, tra televisione, videoclip e alcuni inserti cinefili, ma cambia il linguaggio tecnico.
Il libro sottratto dal pirata contiene la storia di SpongeBob e della comunità di Bikini Bottom; Barba Burger la leggerà ad un pubblico di gabbiani modellati in CGI, così da catapultarci direttamente nella vita bidimensionale degli strani abitanti sottomarini, che segue lo schema dell’eterna lotta tra i due fast food rivali, e i tentativi di Plankton volti a sottrarre la formula segreta che consente a SpongeBon di cucinare i ghiotti Krabby Patty.
Quando durante il tentativo di furto, la formula si smaterializzerà tra le mani dei due contendenti, Bikini Bottom sprofonderà in una condizione post-apocalittica, con gli abitanti a digiuno di Krabby Patty, intenzionati a punire Plankton e SpongeBob, accusati di aver fatto sparire la formula.
La responsabilità è in realtà del pirata, che riscrivendo la storia sull’antico volume, interagisce con il mondo bidimensionale in modo traumatico; ecco che i nostri usciranno dall’acqua per materializzarsi nel mondo “live” in una versione CGI estrogenata, allo scopo di far tornare le cose al loro posto.
Se la parte live action con Banderas sembra la più debole, in realtà serve da collante per il continuo passaggio dimensionale dei personaggi di Bikini Bottom in previsione di un gioco divertentissimo con i formati, basta pensare a tutta la parte dove Plankton e SpongeBob incontreranno il signore del mondo, un delfino animato in CGI che mantiene alcune parti 2D quasi a ricordare l’animazione cutout; una tecnica dell’innesto che porterà conseguenze e tracce anche nel mondo bidimensionale, con inserti CGI nel corpo dei bizzarri personaggi (i muscoli di Squiddi Tentacolo) oppure recuperando lo stile di Clutch Cargo, la nota serie prodotta nei sessanta dai Cambra Studios, dove bocche vere (synchro vox) erano sovrapposte a sagome statiche, allo scopo di produrre una forma di animazione “limitata” e a basso budget. E al di là delle citazioni dal mondo del cinema, come per esempio le due gemelline di Shining ricostruite sotto forma di due ghiaccioli in via di scioglimento, è la convivenza tra una produzione più gonfiata e l’economia essenziale del 2D che sembra generare un’interessante ibridazione pop decisamente fuori dagli schemi, perché nella perfezione, talvolta asettica e troppo precisa della modellazione 3D (basta pensare all’ultimo Doraemon), la commistione dei due mondi, si porta dietro quello spirito imperfetto del “ritaglio”, che in linea con lo stile nonsense della serie, garantisce lo spirito giusto per novanta minuti di anarchico divertimento.