domenica, Dicembre 22, 2024

Storia di una ladra di libri di Brian Percival: la recensione

In molte occasioni il cinema ha scelto di leggere le assurde ragioni della guerra attraverso gli occhi dei bambini, e Storia di una ladra di libri si inserisce in questo filone. In piena epoca nazista la piccola Liesel è costretta a confrontarsi con la morte prematura del fratellino, che con lei sarebbe dovuto andare in adozione a una coppia tedesca. Liesel si ritrova così sola con una nuova madre burbera e un padre pieno di slanci d’affetto, ai quali dopo le titubanze iniziali si affezionerà moltissimo. Lo stesso succede con il suo coetaneo e vicino di casa Rudy, ma ben presto sarà l’anima del giovane ebreo Max, ospite della sua famiglia, a incantare la ragazzina. Un rapporto speciale coltivato tra le umide pareti della cantina di casa, dove Max vive segregato per sfuggire ai nazisti. Uno spazio che si colora e si riscalda con le parole e i racconti, potenti per la salvezza dello spirito ma anche del corpo.

E’ durante il funerale del fratellino che Liesel, per portare con sé qualcosa che le ricordasse quel momento, prende in mezzo alla neve un librettino, primo passo per imparare a leggere e scoprire un’altra realtà, lontana dall’orrore che si consuma fuori. E’ sul filo di questa passione per i libri – “presi in prestito”, anche quando stanno bruciando per mano nazista – che la sua storia cambierà più volte direzione, mentre la guerra stravolgerà ogni certezza segnando le sorti della sua e di moltissime vite.

Il film non vive di particolari slanci narrativi e si sviluppa con lentezza e un buon grado di prevedibilità mettendo l’accento sul valore che ha per gli uomini l’arte della parola – così come è stato evidenziato per la musica in altre pellicole – soprattutto quando la dignità e la sicurezza sono annientate dalla paura. Il racconto di Liesel durante un bombardamento rompe il silenzio imperante nel rifugio antiaereo e restituisce il senso della speranza e dei sogni oscurati dalla morte. Anche la casa diventa spazio di bellezza e armonia, facendo quasi dimenticare allo spettatore cosa sta accadendo fuori.

Lo spessore dei personaggi riempie l’azione e prende forza dall’ottima interpretazione dei protagonisti Geoffrey Rush e Emily Watson – nel ruolo dei genitori di Liesel – e della piccola Sophie Nélisse, che esalta con un’intensa espressività ogni gradazione emotiva. La regia di Brian Percival – che ha diretto la serie tv Downton Abbey, seguitissima in Regno Unito – si mantiene nel solco del convenzionale, mentre la sceneggiatura – tratta dal romanzo La bambina che salvava i libri di Zusak Markus e firmata da Michael Petroni, già sceneggiatore de Le cronache di Narnia. Il viaggio del veliero – si rivela efficace e coinvolge il pubblico tenendolo legato alle sorti dei personaggi. 

Elisabetta La Micela
Elisabetta La Micela
Elisabetta La Micela si è laureata in Editoria e specializzata in Discipline dello spettacolo all’Università “La Sapienza” di Roma. Giornalista pubblicista, si occupa di scrittura creativa per diverse riviste on line e per la televisione, oltre ad aver maturato un’esperienza parallela nel campo della didattica e del teatro sociale.

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