E nel magma visivo e sonoro,scomposto e ‘flickerante’, intermittente e mai arrivato dei suoi 8, 16 e 35 cinemascopici millimetri, la materia di Tscherckassky fattasi film costruisce una discussione vibrante su una serie inesauribile di argomenti : la castrazione dell’amore come bacio canonico ridotto a rincorrersi per 600 volte senza compiersi mai (Liebesfilm, 1983, S 8), o ugualmente come corpo e voce di donna che si spalmano a macchia di leopardo nei gesti negati di Urlaubsfilm (1983, S 8), la fisica della memoria, come ricordo e identità che si cerca e non si trova, se non ridotta a mera rappresentazione di sè, nei diversissimi e speculari Parallel Space: Inter-View (1992, S8) e Happy- end, (1996,S 8), l’eterna lotta tra finzione e realtà che pressa e graffia la superficie filmica e l’identità di chi vi è avvolto (lo stupendo e inquietante Outer Space– 1999, 35 mm Cinemascope- che usa frammenti dall’horror anni ’80 The entity di Sidney J. Furie e l’omaggio a Sergio Leone di Instructions for a light and sound machine,2005, 35 mm Cinemascope).
Andando oltre ogni tipo di narrazione canonizzata Tscherkassky ci narra la sua personalissima Histoire du Cinéma, celebrando a piene mani la multiproprietà di ciò che è stato realizzato (è la logica sopraffina del found footage),che in quanto memoria cinematografica, che sia autoriale o amatoriale, è di tutti, e può essere ri-trovata, ri-utilizzata e ri-declinata in altre forme scorrevoli e durature (e così nuovamente vediamo il primo cine-treno dei Lumiere in L’arrivè, ricordiamo Porter e il suo colpo di pistola al pubblico con il fulmineo Shot-Countershot, chiodi e puntine stile Man Ray sagomano le immagini di Dreamwork, mentre Hollywood fa capolino più volte, vedi l’integerrimo Montgomery Clift in Wild River di Elia Kazan in Parallel Space-Inter-View.)
La regola del flusso non prevede infatti distinzione tra vincitori e vinti, il cinema tradizionale entra ed esce dalla porta aperta di quello sperimentale, lo specchio-macchina da presa ci mostra in campo con tutta la nostra colpevolezza, che basta ad atterrirci (come la donna che fugge da un mostro invisibile in Outer Space, per ritrovarsi, terrorizzata, di fronte alla sua stessa immagine replicata.)
Splendidamente azzeccato il titolo della rassegna ideato dai curatori: quello che Tscherkassy costruisce non è altro che un breve (e aggiungo io, profondissimo) trattato sulle immagini mobili, rassicurante per la concretezza e lucidità con cui rinnova l’avanguardia non dimenticando di sporcarsi le mani col cinema. Il feed per ascoltare i contenuti audio di questa e delle precedenti documentazioni audio di Straneillusioni è questo, mentre per una pagina dettagliata di istruzioni è necessario consultare questa pagina web.