giovedì, Novembre 21, 2024

Suspiria di Luca Guadagnino – #Venezia75 – Concorso: recensione

La danza infernale iniziata a Friburgo nel lontano ’77, nella location stregata del film firmato dal maestro dell’horror Dario Argento, continua in questo 2018 nel Suspiria diretto da Luca Guadagnino e scritto da David Kajganich.

Il remake (termine non molto amato da Guadagnino) è ambientato ancora una volta negli anni ’70, ma la storia si sposta in una Berlino ancora divisa dal muro e afflitta dagli attentati. Ora a dominare la scena nell’accademia stregata è un ballo non più classico, ma sperimentale, violento, un moto dionisiaco che ricorda molto una danza pagana. Si ha la sensazione che Guadagnino abbia voluto proteggere ad ogni costo il suo film dall’etichetta di remake, prendendo una strada diversa rispetto al soggetto originale di Argento e Nicolodi (scelta in effetti più che apprezzabile); Guadagnino sceglie di complicare i rapporti tra i personaggi, intrecciando nuove relazioni e suscitando diversi conflitti che conducono il film in una direzione nuova, ma che inevitabilmente contribuiscono ad allungarne la durata fino ad arrivare alle davvero eccessive due ore e mezza.

Cambiano le carte in tavola dunque, a partire dalla suddivisione della vicenda in atti con tanto di epilogo, ma la sostanza, macabra e sanguinosa, rimane la stessa. Anche in questa riproposizione dell’incubo di Suspiria è presente una scuola di ballo in cui una maestra coreografa, autoritaria ma assieme caritatevole, precisa ed elegante, ovvero Madame Blanc (una Tilda Swinton un po’ giù di tono in un ruolo luciferino che indossa comunque più che dignitosamente), ha il compito di addestrare le nuove ballerine dell’Accademia di Danza Markos. Questo nome maledetto è ripreso dal film degli anni ’70: Markos è una delle tre streghe madri, la “mater suspiriorum” (nome sottratto al saggio Suspiria de Profundis di Thomas De Quincey), entità malvagie e antiche che hanno costruito negli anni una cerchia di fedeli seguaci.

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Le streghe son tornate dunque, ma gli elementi che compongono il film si sviluppano diversamente, a partire dal ruolo del personaggio femminile protagonista interpretato da una deludente Dakota Johnson, la talentuosa ballerina americana Susie Bannion. In una delle sequenze più suggestive del film assistiamo al suo provino per essere ammessa all’accademia; in questa circostanza la ragazza dimostra di contenere dentro di sé una potente energia, che si trasmette in un ballo energico, potente, satanico perché libero e quasi osceno (la sensazione che si potrebbe provare mentre si “scopa con un animale” dice Susie). Ogni movimento di braccia e gambe frusta l’aria con violenza, generando un rumore che ricorda molto quello di ossa spezzate. E una simile sevizia non poteva mancare nella scuola più dannata di Berlino.

Guadagnino cura attentamente queste coreografie possedute, mettendo in scena uno spettacolo osceno e dionisiaco, una ridda infernale che rilascia energia prontamente assorbita dalla presenza costante del male, che nell’accademia è sovrano. Un male che è anche del tutto al femminile: il personale della scuola è formato da un gruppo variegato di donne, caratterizzate in modo da alludere, per un dettaglio o per un altro, al loro lato oscuro. Buona ma non troppo dunque la scelta del cast, che corona ancora una volta la felice collaborazione tra il regista e Tilda Swinton.

Eppure questo nuovo Suspiria, nel tentativo apprezzabile di scindersi dal soggetto originale, fatica a mettere in scena una storia dell’orrore tanto efficace quanto l’originale. La regia di Guadagnino nelle scene secondarie non appare precisa e si commette l’errore di mostrare troppo allo spettatore; e di mostrarlo persino troppo presto. Dopo pochi minuti dall’inizio del film già si parla di streghe, non molte scene successive appare la mano mostruosa di una delle Madri e di conseguenza non si crea un vero senso di attesa nemmeno attorno al rituale, il climax della storia.

Per quanto riguarda l’atmosfera del film, quel che non rovinano queste discutibili scelte registiche è comunque danneggiato dalla scelta musicale di sottofondo. Diciamo solo questo: la celebre voce di Tom Yorke dei Radiohead forse non è la più adatta ad accompagnare bagni di sangue e balli stregati. Da un punto di vista fotografico, il film si lascia alle spalle l’estetica allucinata e saturata del suo modello in favore di un’immagine più pulita e fredda; gli esterni sono riprodotti con luci da noir, mentre l’interno della scuola resta un luogo dall’aria minacciosa e strana, ricco di dettagli e colori, anche se le scenografie restano meno kitsch rispetto a quelle presenti nel film di Argento.

Schiacciato dal peso del suo modello di riferimento, Guadagnino mette in scena una nuova coreografia di sangue e stregoneria decisamente sottotono, probabilmente tanto lontana dall’approvazione di fan del cinema di genere quanto da quella del pubblico, che all’anteprima in occasione del Festival del Cinema di Venezia non ha mancato di fischiare il film e lasciare la sala durante la proiezione.

Le foto del film

Michele Bellantuono
Michele Bellantuono
Veronese classe '91, laureato in Filologia moderna e studioso di cinema autodidatta, svolge da alcuni anni attività di critica cinematografica per realtà online. Ha un occhio di riguardo per il cinema di genere e dell'estremo oriente

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