lunedì, Dicembre 23, 2024

The Dead Don’t Die di Jim Jarmush – Cannes 72, Concorso: recensione

Una sorridente cittadina americana di nome Centerville sta per andare incontro ad un tragico destino. La luna è onnipresente nel cielo, la luce del sole sembra essere imprevedibile e gli animali cominciano ad avere dei comportamenti insoliti. La terra ha cambiato il suo asse di rotazione: le conseguenze saranno devastanti.
The Dead Don’t Die è il nuovo attesissimo film di Jim Jarumush con il quale si è inaugurata l’inizio della 72esima edizione del festival del cinema di Cannes. Un film sicuramente unico nel suo genere. A metà tra l’horror e la commedia è una favola che racconta la follia suicida dell’umanità.
Un lungometraggio dalle grandi pretese che però non riesce ad emergere né come film horror, né come commedia divertente. Nonostante gli effetti speciali volutamente low cost e uno slow motion portato all’estremo, il film non reggere la sua stessa durata, risultando a tratti ingiustificatamente lento. La stessa cosa accade con la suspense iniziale che si perde soltanto dopo alcuni minuti dall’inizio del film. Neanche i numerosi riferimenti cinematografici a Romero, Tarantino e Spielberg aiutano il film ad acquisire la carica desiderata.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, una delle migliori battute risulta essere quella di Adam Driver nei panni di un impassibile poliziotto che accetta senza problemi l’idea che gli zombies invadano la piccola realtà di Centerville. “Finirà male. Lo so perché ho letto il copione”. In questo modo Jarmush decide di rompere la quarta parete, avvertendo lo spettatore che non ci sarà alcuna via di scampo per i protagonisti. Una mossa sicuramente interessante, ma che fa fatica a stare in piedi. I pochi dialoghi tra i protagonisti infatti si baseranno principalmente sul perché di un copione così pessimista. Il risultato: un meta-cinema esageratamente esplicito.
Ad accompagnare i due poliziotti (interpretati da Adam Driver e Bill Murray) nella caccia agli zombies c’è Tilda Swinton nei panni di una tanatoesteta a metà strada tra un’eroina in stile Kill Bill e un’entità aliena.

The Dead Don’t Die è ovviamente una metafora del mondo in cui viviamo. Gli zombies siamo tutti noi, dipendenti dal Wi-Fi e assetati di social networks. La visione stessa di Jarmush è molto chiara: non esiste una via di fuga. Soltanto chi vive una vita ai margini della società consumista riesce a salvarsi dal massacro degli zombies (come nel caso dell’eremita che vive nel bosco).
Insomma, The Dead Don’t Die sembra essere un film a metà tra diversi generi, a tratti incompleto. Un insieme di idee che però non arrivano a nulla di concreto se non ad un buon B movie.

Marcello Becca
Marcello Becca
Marcello Stefano Becca è laureato in scienze della comunicazione preso l’Università di Bologna, dove studia attualmente il corso di laurea magistrale in comunicazione pubblica e d’impresa. Appassionato di cinema e fotografia, produce cortometraggi

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