domenica, Dicembre 22, 2024

Tutto puó cambiare di John Carney: la recensione

John Carney non si allontana dalla geografia urbana e dopo la Dublino di ‘Once’ attraversa New York in questo suo nuovo ‘Begin Again’ cercando di recuperare quel senso di leggerezza e fragilitá che intrecciava scrittura cinematografica, songwriting ed esperienza grazie al diretto coinvolgimento di Glen Hansard e Markéta Irglová, la cui storia personale influenzava l’andamento di un film nomade e aperto alla libertá performativa della musica.

Alla base c’è quindi la stessa idea di cinema ma con una maggiore soliditá narrativa almeno nel tentativo di creare una commistione tra i caratteri di certa commedia americana, aspetto legato non solo all’ambientazione ma anche al coinvolgimento di Judd Apatow come produttore, e il ruolo strutturale delle canzoni nel loro sviluppo, un songtelling per immagini che non è così distante dall’ultimo film di Ami Canaan Mann.

Ia piccola elegia Newyorchese diretta da Carney vede al centro due anime solitarie, due ‘stelle perdute’, per citare il titolo del brano che, come in un musical post-moderno, rappresenta il climax emotivo di tutto il film; Keira Knightley è Gretta, cantante reticente appena uscita da una dolorosa storia d’amore con una popstar interpretata da Adam Levine dei Maroon5, ed è proprio attraverso le canzoni che il loro menage si sviluppa, ricordato dalla ragazza attraverso alcuni filmati salvati sullo smartphone e sul laptop, identifica la musica come punto di condivisione e di rottura, in un percorso che sostituisce il racconto tradizionale con le aperture comunicative dell’esecuzione.

E il film di Carney sta proprio nel mezzo, un po’come in Fame di Alan Parker, con lo spazio intimo e collettivo che diventa un palcoscenico senza soluzione di continuitá. L’incontro casuale con Dan (Mark Ruffalo), produttore in disgrazia, consentirá a Gretta di continuare con la sua personale visione della musica, una relazione radicale e sentita con la creativitá, fuori dalle logiche produttive e assecondata dal talento visionario dello stesso Dan che allestirá le registrazioni del suo primo vero album nell’open air Newyorchese, sfruttando i riverberi naturali, le risonanze e i rumori della cittá, dai vicoli al tetto di un palazzo.

Se per Gretta la genesi del suo album è un’occasione per prendere il controllo della sua storia personale, per Dan il significato non è del tutto diverso, tanto da riuscire a tirar dentro la nuova avventura produttiva, a titolo diverso, la figlia di 14 anni e l’ex moglie, fino ad ora disilluse sulle sue capacitá di gestire la propria vita.

Can a Song Save Your Life? è allora la domanda che si poneva Carney, quando il film aveva questo stesso interrogativo come titolo provvisorio; un dubbio che rimane in costante equilibrio emergenziale, lo stesso che regola spesso i rapporti affettivi e che Gretta fará suo parlando in modo franco all’ex compagno, dopo aver ascoltato una canzone composta insieme, trasformata in una discutibile hit commerciale: ‘non devi perdere la canzone. È un equilibrio delicato’.

C’è una tenera ingenuitá di fondo nel film di Carney, la stessa che in un certo senso rende i brani del film composti da Gregg Alexander, figli di quella reverie nostalgica al sicuro dalla temibile deriva hipster; pop fuori tempo massimo, un pó come per Aimee Mann, quello dell’ex New Radicals è onestamente radicato ai sentimenti piú semplici e quotidiani, gli stessi che spingono Gretta a conservare una certa tracklist nel suo smartphone, musica popolare, legata ad un’idea dei sentimenti e della cittá, musica senza hype di cui si vergogna, ma che ha prima di tutto un significato intimo e legato al valore della memoria. Begin Again è in fondo un film che vive sugli stessi principi, lo dimostra quel primo piano sulla Knightley mentre improvvisamente decide di cambiare direzione, e che invece di concludere un percorso lo apre alla possibilitá di liberare il senso delle cose in un desiderio che promana direttamente dalle canzoni della (sua) vita.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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