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Un Bacio di Ivan Cotroneo – La recensione

Lorenzo è un ragazzo Gay adottato da una famiglia che ha deciso di amarlo incondizionatamente e che ha bandito il concetto di senso di colpa dalla dieta educativa quotidiana. Blue, figlia di un imprenditore e di una scrittrice che non riesce a sfondare ha un carattere ribelle, sfida le convenzioni e per le mura della scuola è “quella che fa le pompe”. Antonio, introverso e dal fisico scolpito, gioca a basket, ha perso il fratello in un incidente e mentre quest’ultimo gli parla e lo influenza continuamente in una visione tra realtà e sogno, non prende mai una preda durante le battute di caccia con il padre, guardia giurata. L’incontro tra i tre serve a superare quella barriera di diffidenza che l’educazione scolastica e sentimentale erige per definire concetti come diversità, identità, sessualità.

Un tema delicato e abusatissimo a rischio retorica. Ivan Cotroneo sceglie una strada diversa, fin dall’incipit modellato sul pop aspro dei Placebo e costruito con l’incedere di una clip musicale, ponendo quindi più attenzione al ritmo e alla superficie che alla ricerca sociologica, ed è assolutamente un pregio perché colpisce allo stomaco e riesce anche a far male allineandosi ad un linguaggio tra pop e Maria De Filippi, facendo spesso tracimare il film nel numero musicale e cercando una commozione che è già in partenza sopra le righe, eccessiva, spinta al massimo come i sentimenti degli adolescenti.
In questo senso tutta la relazione e l’influenza dei social network non occupa esplicitamente lo schermo ma influenza comportamenti, scelte e linguaggio in un modo endogeno e più sottile di quello che ci saremmo potuti aspettare.

L’unica sequenza dove questi entrano visivamente in campo è quando Blue “si vede vista” dal filmato registrato sullo smartphone, uno slittamento soggettivo semplice ma efficacemente rigoroso rispetto ad un film che sceglie quasi sempre il punto di vista della leggerezza, la stessa che Molko canta in “Loud Like Love”.

Anche il doppio finale immaginato ha tutto il sapore della reverie estiva e assesta nuovamente lo sguardo dopo l’epilogo tragico. Del resto anche questo punta all’eccesso, come la scena in cui Lorenzo viene pestato a sangue da Antonio, con modalità totalmente incredibili, anti naturalistiche e vicine al dramma popolare; se l’avesse diretto Roberta Torre sarebbe stato probabilmente più selvaggio ma non necessariamente meno ancorato alla superficie.

Scelte assolutamente consapevoli quelle di Cotroneo, per un film che ha la forza e la freschezza di una dolorosa elegia pop.

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