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Una Vita Tranquilla di Claudio Cupellini (Italia, 2010)

Il passato ritorna sempre a chiudere il conto. Questo, in sintesi, il messaggio veicolato dall’ultima pellicola di Claudio Cupellini. Un tema già affrontato qualche anno fa da Cronemberg con A History of Violence e da sempre un tòpos letterario piuttosto frequentato. Dopo un esordio leggero e insapore come Lezioni di Cioccolato era lecito non aspettarsi un film di questo tipo. Il regista, incredibilmente, spiazza pubblico e critica con un noir solidissimo, ricco di colpi di scena e carico di tensione fino all’ultimo minuto. Un’opera quanto mai attuale, cosiderato che l’episodio all’origine di tutto si ricollega alla gestione malavitosa dello smaltimento dei rifiuti. Tuttavia le similitudini con Gomorra finiscono qui: l’argomento in questo caso non è che un pretesto per riportare la Camorra nella vita di Rosario, cuoco campano emigrato in Germania che mette il cinghiale acanto alle aragoste perchè “tanto questi son tedeschi, si mangiano tutto”. Come era stato per Le Conseguenze dell’Amore, l’intromissione della mala nella vita del protagonista non è tanto funzionale ad una critica sociale, quanto piuttosto motivo di riflessioni esistenziali declinate secondo una prospettiva prevalentemente personale. Nella fattispecie, Rosario si troverà costretto a delle scelte che metteranno in discussione quella “vita tranquilla” così faticosamente raggiunta. Per quanto possa sembrare superfluo ribadirlo, Toni Servillo (qui insolitamente barbuto) conferma in pieno le sue eccellenti doti di interprete, fagocitando col consueto charme e l’inconfondibile mimica facciale l’intera vicenda (in effetti la pellicola si fa notare molto di più come un film “con Servillo” che come un film “di Cupellini”). Tenuto a battesimo da Martone e più tardi attore-feticcio di Sorrentino, Servillo è riuscito ad affrancarsi da tale pesante – per quanto lusinghiera – eredità, arrivando a nobilitare con la sua sola presenza ogni progetto cui prenda parte. Artista completo, a suo agio tanto in sala di proiezione che a teatro (recentemente ha dato prova anche delle sue doti di regista con l’adattamento di Goldoni Trilogia della Villeggiatura), si è imposto nel corso dell’ultimo decennio come una delle figure più convincenti  e rappresentative di certo cinema d’autore. Senza nulla togliere all’opera del regista, la buona riuscita dell’operazione si deve anche all’ottima sceneggiatura di Filippo Gravino, originariamente intitolata Il Nemico dell’Acqua e vincitrice del Premio Solinas nel 2003. La ciliegina sulla torta è costituita dalla suggestiva colonna sonora del compositore Teho Teardo, ormai affermato professionista, alla sua quarta prova accanto a Servillo dopo La Ragazza del Lago, Il Divo e Gorbaciof. Il brano di chiusura, cantato da Blixa Bargeld degli Einstürzende Neubauten, varrebbe da solo il prezzo del biglietto.

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