Stephane Lafleur scrive la sceneggiatura e compone parte delle musiche insieme a Hugo Lavoie per un vero e proprio Ghost World che ricorda la distanza del primo Egoyan, quello di Speaking Parts e Family viewing, dove alla tecnologia e alla mediazione telepresente vengono sostituiti i dispositivi analogici.
Segreterie telefoniche, nastri che si inceppano, telefonate dal niente. Del resto, Continental – a film without guns si apre con un’immagine del margine, un uomo scende da una corriera in piena notte, l’immagine è inghiottita da una sezione estesa di oscurità, e l’uomo si dirige in quella direzione scomparendo.
Le connessioni tra gli altri mondi possibili e questa sparizione passano attraverso un’attenzione per la marginalità e la pesantezza degli oggetti, in un sistema di relazioni che si riverbera nell’organizzazione materiale dello spazio.
Collisione e deriva lasciano che la persistenza dello sguardo diventi vitrea e rimanga sulla presenza delle cose; un letto ad acqua abbandonato al suo movimento meccanico e mai uguale, appena lasciato dai corpi che ospitava, il lavoro su un calco dentale.
Quello che rende il debutto di Stèphane Lafleur un film disperato, nonostante l’uso temporale di alcuni meccanismi della commedia portati ad un livello di iperrealismo estremo, è la capacità di evitare qualsiasi tentazione della retorica corale, con un’immagine sempre a rischio di diventar fantasma e la curiosità di filmare i personaggi come corpi intrappolati nella materia.