Redacted
Brian De Palma
Usa 2007
In the valley of elah
Paul Haggis
Usa 2007
Quello che commuove davvero nel film di Paul Haggis, non è tanto la bandiera americana issata al contrario alla fine del film, figura davvero retorica che si è evidentemente impressa nell’immaginario del critico quotidiano, vittima senziente di questa ipertrofia dell’occhio che è venezia 64, quanto il deambulare di Tommy Lee Jones, cosi simile a quello di un’altro padre interpretato da George C. Scott nell’Hardcore Schraderiano, un vagare alla ricerca della purezza di uno sguardo e di un cinema, che non esiste più. I file video corrotti che visiona come ducumenti di verità apparente, si disintegrano, si sfaldano a tutto schermo, si inceppano e diventano artefatti; c’è una lotta interna al film che ne minaccia la ridondanza narrativa ed è l’immagine elettronica che come un virus disintegra il senso. E’ una suggestione fortemente politica, che con una disperazione titanica cerca di ricostruire la forza del punto di vista diffidando progressivamente della realtà digitale come presenza distante, extraretinica. Una trans-apparenza che diventa megaloscopica in Redacted, uno dei film più belli visti a Venezia 64, bello in senso raggelante e necrofilo. De palma finge verità e verifica la finzione di un’immagine telepresente della guerra in Iraq ricostruendo Youtube, il testo e l’immagine in rete, il testo già letto e visto in un sincrono impossibile attraverso la fenomenologia dei blog, fingendo lo split screen delle videoconferenze, la polipresenza delle webcam e dei media; immagine perversa che evita di servirsi del vero youtube e che confonde l’orrore con il grottesco e la gag da reality, congela la carne nella distanza. Redacted è un continuo cortocircuito dell’inerzia digitale, immagine chiusa su se stessa come uno Zoetropio globale; niente più opacità e immagine desiderata/desiderante , ma una multivisione la cui trasparenza è di una luce accecante e negativa, una luce digitale che rivede e ridiscute lo spazio dello stesso cinema Depalmiano. Lo splendido Black Dalia cosi in bilico tra un’immagine gelida, distante, e una patina che ingannava continuamente sulla sua provenienza e la sua destinazione cosi vicina al digitale è il preludio antinostalgico di questo cinema della crudeltà.