Wujong, che tradotto letteralmente significa Inutile, è un marchio che si rifrisce ad una serie di creazioni della stilista cinese Ma Ke, invenzione a metà tra la moda e l’arte concettuale, sfrutta la stratificazione del tempo con un trattamento che consiste nel bruciare i tessuti dopo averli trattati con il fango.
Jia Zhangke, autore dei bellissimi Platform e Still Life, leone d’oro a Venezia 2006, produce il secondo documentario di una trilogia dedicata agli artisti, il cui primo capitolo, Dong, era dedicato al pittore Liu Xiaodong. I corpi e la memoria degli oggetti sono l’essenza di un cinema interessato alle tracce. Immagine politica che si serve delle mutazioni spaziali nella voragine della durata per osservare la disintegrazione materiale e storica di un paese e l’im-permaneneza dei corpi, dei materiali come residui della memoria.
Jia Zhankge filma con la forza di un rilevatore il processo di produzione del tessile a Canton, il consumo di abbigliamento di una comunità mineraria di Fenyang a rischio di scomparsa, la produzione di Wuyong a Parigi, e intreccia una texture sociale e stratificata filmando oggetti, materiali, l’interferenza della luce e i corpi che l’attraversano, cinema che rivela la sua natura documentaria proprio nell’increspatura tra le cose.
La colonna sonora di Lim Giong, uno degli autori contemporanei più interessanti di musica per immagini costruisce un sound design minaccioso fatto di drones, interferenze e stratificazioni sonore della tradizione che raccontano la persistenza del mondo materiale nello spazio di un’entropia.