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Venezia 65 – Il seme della discordia di Pappi Corsicato – in concorso

A prima vista, usciti da una visione emotiva del Seme della discordia, sembra Che Pappi Corsicato, dopo l’astrazione estrema di Chimera, abbia preferito un ritorno addomesticato entro i toni del suo cinema più “leggero”, eppure nel suo servirsi di un testo come La marchesa Von O, il racconto di Von Kleist che nel 1976 faceva da sfondo a un noto film di Rohmer, compie un’operazione di sintesi e accumulazione talmente forte da farci pensare che il suo cinema pop, astratto e allo stesso tempo selvaggio sia quello di sempre.

Corsicato infierisce sul corpo della fiction di situazione made in Italy e reitera posture, dialoghi, relitti di televisione, in un pezzo di cinema estremo.

Non si tratta solamente del lavoro sul colore, il cui rimando ad Almòdovar francamente mi sembra uno specchio per le allodole, quanto del trattamento di un materiale magmatico che diventa cut-up, citazione deturnante e anche deturpante se si vuole, scudisciata senza freni sulla banalità dell’immaginario televisivo quotidiano e allo stesso tempo distillato sublime di quella cultura, cosi da riuscire ad inventarsi un interstizio che materializza immagini e concetti politici assolutamente alieni e senza forzature.

Il buco nero è da sempre la forma pericolosa del cinema di Corsicato, dal quale in questo caso emergono frammenti di recitazione pasoliniana, boutade popolaresche, deformazioni del tessuto urbano in una bellissima restituzione immaginifica e fantascientifica di Napoli, citazioni e brandelli di cinema colto e cinema “basso” presi a ceffoni con furia iconoclasta, uno fra tutti, un viale dai colori Sirkiani con gli amanti impossibili infilati dentro, dove la prospettiva ottica è un mix di alta definizione e fuori fuoco davvero straordinario.

Caterina Murino è un’immagine del desiderio attraverso la quale Corsicato costruisce un sistema sinfonico e allusivo fatto di suoni, colori, salti improvvisi della narrazione, tutta in bilico tra viscere, fisicità e cervello; non è meno profondo lo sguardo sul corpo che Corsicato riverbera su questo decòr accecante, non è meno profondo proprio perchè si serve di un’apparente leggerezza superficiale per estrarre dal mondo parallelo delle soap elementi che raccontano il percorso incerto e vitale della nostra identità.

Su questo mondo verissimo tanto quanto l’immaginario si innesta un lavoro sonoro fatto di incastri e costituito da una mutazione della storia meno nota delle colonne sonore italiche, in un continuum che include oggetti morriconiani poco noti, brani di Gianni Marchetti e altri suoni tra il 60 e il 70. Bentornato.

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