Miral di Julian Schnabel è basato sul libro di stampo autobiografico “La strada dei fiori di Miral” scritto dalla giornalista Rula Jebreal (compagna del regista e autrice anche della sceneggiatura) il film è strutturato in capitoli che portano ciascuno il nome della protagonista e narra attraverso la storia di tre generazioni di donne una complessa saga familiare palestinese che copre gli anni dal 1947 fino ai trattati di Oslo del 1994: gli avvenimenti sono tutti visti dall’ottica delle donne e dei bambini. Nel film l’ignoranza è il nemico principale da combattere e l’educazione e l’istruzione sono la chiave privilegiata per la risoluzione di ogni conflitto; ad una donna palestinese, confinata nella propria ignoranza, che significa impossibilità di poter scegliere, infatti non restano che due soluzioni: o andare sposa all’età di 13 anni o essere vittima delle manipolazioni di fondamentalisti islamici. Julian Schnabel, per sua stessa ammissione da sempre estraneo alla questione mediorientale, è andato a confrontarsi da Ebreo Americano con la cultura Palestinese. Proprio come Miral dopo la prima ostilità imparerà a conoscere Julia (la figlia di Schnabel stesso, quasi come a voler ricucire una ferita) la fidanzata israeliana del cugino. Come dice T. Ben Anmar, uno dei produttori del film “non ci sono frontiere quando c’è l’intelligenza”. E in effetti il film ha per regista un ebreo americano, per sceneggiatrice una musulmana palestinese e per produttore (J. Seydoux) un francese cristiano. Il limite principale del film sta nella sua confezione pensata appositamente per il mercato internazionale: la regia accomodante di Schnabel è apprezzabile solo quando si tiene alla larga da una visione retorica o dalla ricerca dell’emozione facile a scapito della riflessione, a conferma di questo approccio “normativo”, la scelta di far recitare tutti gli attori in lingua inglese cancellando così la complessità della componente linguistica.