Anche la Mostra del Cinema evidentemente richiede il suo film “strappalacrime”, per usare un termine volgare ma appropriato. A portarlo al Lido ci ha pensato il regista tedesco Florian Henckel von Donnersmark, autore già noto per il suo Le vite degli altri (vincitore dell’Oscar come migliore film straniero nel 2006), oltre che per quel The tourist che si è invece guadagnato la disapprovazione della critica. Il lavoro presentato a Venezia si intitola Werk ohne Autor (Never Look Away è il titolo internazionale); si tratta di un dramma storico dalla durata importante (poco oltre le tre ore), che va a ricoprire all’interno del ‘900 tre diverse fasi storiche della Germania, raccontando la vicenda di Kurt Burnert, un giovane di Dresda che sogna di diventare pittore.
Il personaggio protagonista di Kurt sembra essere ispirato alla vera storia dell’artista contemporaneo Gerhard Richter, famoso per i suoi dipinti “sfocati” che ritroviamo anche nel film. Per il resto, gli elementi inventati nella sceneggiatura sono molti e necessari per poter dar forma ad un dramma sentimentale in grado di scuotere l’emotività dello spettatore: si rende cruciale il lavoro sul dettaglio, sul ricordo, sul dolore e in primis sulla sfera sentimentale dei personaggi. Eppure nonostante la durata eccessiva questo Werk ohne Autor (che letteralmente significa “opera senza autore”) non sembra contenere nulla più di un semplice intreccio concepito per rientrare nei gusti di una certa fetta di pubblico, che sa sempre amare un buon (o cattivo, se è per quello) melò e sa accettare anche il lieto fine meno sensato, come potrebbe essere definito il finale di questo film. Non manca nemmeno l’antagonista, l’altro elemento archetipico che deve essere di ostacolo agli innamorati. In questo caso il ruolo è ricoperto dall’autoritario herr professor Seeband (un marziale Sebastian Koch), ex-medico delle SS incaricato durante il Reich di portare avanti un programma di eutanasia per pazienti bollati come irrecuperabili. Tra i tanti mandati in un istituto speciale dotato di camere a gas c’è anche Elisabeth, l’amata sorella di Kurt vittima di crisi schizofreniche che spingono il medico nazista a mettere un x rossa sulla sua cartella clinica, segno che sancisce la sua condanna.
I difetti del film non riguardano purtroppo solo una trama prevedibile, che partendo da un tragico episodio della vita di Kurt, l’uccisione per ordine dei nazisti della sorella maggiore, si avvicina progressivamente al nuovo millennio. Gli attori sono tutt’altro che straordinari e momenti di cattiva o innaturale recitazione si fanno sentire; sono però naturalmente affascinanti, specialmente la giovane che interpreta Elisabeth, sorella di Kurt, l’attrice Saskia Rosendahl.
La fotografia del film ricorda quella di alcune telenovelas, è luminosa e innaturale dunque non restituisce quel senso di realismo che potrebbe caricare il film di una più potente energia drammatica. In definitiva von Donnersmarck confeziona un prodotto audiovisivo di consumo, restando ai livelli del cattivo The tourist. Certo c’è sempre un film per tutti e Werk ohne Autor potrebbe essere una perfetta visione non impegnata, per colmare una serata di emozioni preconfezionate e facili soluzioni narrative, al ritmo di quegli, diciamolo pure, insopportabili violini che non possono mancare in un film deciso a strappare una lacrima al suo spettatore.