Intimo e coinvolgente. Western Stars è il mare di volti in cui Bruce Springsteen può ritrovare il suo riflesso. Un vecchio stuntman logoro e dal fisico distrutto, un vedovo solitario che ormai si accontenta di girare in un parcheggio, un cantautore fallito che si chiede se uno dei tanti sacrifici fatti in gioventù abbia avuto senso, una star del cinema i cui ricordi si dissolvono nel lento incedere del crepuscolo.
Non c’è più posto per i personaggi nati per correre, per coloro che andavano alla ricerca e all’esplorazione del sogno americano, i protagonisti del nuovo disco sono uomini che hanno preso le loro decisioni e giuste o sbagliate che fossero hanno avuto le loro ragioni per farlo. Il film è invece uno strano ibrido, non è il solito film concerto ma una specie di antologia, un viaggio meraviglioso e introspettivo sul concetto stesso di coscienza americana.
Lì nel suo granaio in New Jersey, Bruce Springsteen si esibisce con un’orchestra di trenta elementi, vecchi amici, nuovi collaboratori, la moglie chitarrista Patti Scialfa e ci mostra quello che voglia dire avere un posto in prima fila nel concerto più esclusivo del mondo. In questo spazio sacro in cui anche le pareti e le travi che sostengono l’alto soffitto sembrano raccontare la storia del Boss, le cineprese si muovono in ogni angolo per poi tornare sempre a lui, al suo volto, alle sue mani, immergendo lo spettatore in un rito confessionale.
Western Stars ci trasporta in una città fantasma in cui abitano solo narratori maschili distrutti, tutte queste voci irrequiete, perse e nomadi sono incarnate da lui che racconta il motivo stesso per cui le ha evocate mentre gira a piedi o in macchina per strade polverose, deserti pittoreschi, come il Joshua Tree National Park e solitari spazi interni.
Tra le montagne e i suoi canyon, ogni immagine si fa volutamente anacronistica, i jukebox, la radio, i montaggi in tonalità seppia, vecchi filmini che appaiono come ricordi sbiaditi, Springsteen per consegnarci il suo presente ha bisogno di farci attraversare con sé il passato. Questo film ha un tono elegiaco ma schietto in cui il musicista scava più a fondo di quanto abbia mai fatto prima.
Come l’Ulisse descritto nella poesia di Alfred Tennyson, l’eroe omerico torna da un lungo viaggio solo per rendersi conto che si sentiva più appagato quando era per strada.
«Non è troppo tardi per cercare un mondo più nuovo… perché il mio scopo consiste nel navigare oltre il tramonto…di combattere, cercare, trovare e di non cedere».