Adam Wingard lavora insieme allo sceneggiatore Simon Barrett sin da A Horrible Way to Die, primo lungometraggio firmato dal regista Americano; You’re Next è un film del 2011 distribuito in Italia solo adesso ed è a tutt’oggi l’ultimo lavoro della coppia, se si escludono tre brevi film inseriti nei progetti collettivi V/H/S e The ABC’s of Death. Un sodalizio che include anche la collaborazione di Joe Swanberg, attore in quasi tutte le produzioni di Wingard/Barrett e co-autore insieme a Wingard di Autoerotic, film molto più vicino alle commedie straparlate dello stesso Swanberg-regista.
You’re Next rappresenta forse la sintesi migliore tra le produzioni condivise in questi anni dal trio, assorbendone influenze e intuizioni in modo diretto e indiretto.
Una coppia sposata da 35 anni (Barbara Crampton e Rob Moran) decidono di festeggiare il loro anniversario riunendo nella loro casa di campagna i quattro figli con le rispettive compagne. Crispian (Aj Bowen) è un professore universitario che frequenta Erin (Sharni Vinson), una delle sue ex studentesse, suo fratello Drake (Joe Swanberg) cinico e provocatore arriva a casa dei suoi con la moglie (Margaret Laney). La sorella Aimee (Amy Seimetz) è fidanzata con un filmaker sfigato e pretenzioso interpretato da Ti West, a sua volta regista Horror indipendente quest’anno in concorso nella sezione Orizzonti di Venezia 70 con The Sacrament, film interpretato tra gli altri, anche da Joe Swanberg. Il più giovane di tutti è Felix (Nicholas Tucci), oscuro e sprezzante arriva a casa dei genitori con una fidanzata “goth” (Wendy Glenn). Tutti loro non si vedono da anni e non tarderanno molto a far emergere le rivalità e le gelosie di un tempo durante la cena famigliare; ed è proprio durante la discussione più accesa tra Crispin e Drake che dalla finestra della sala da pranzo, alcuni dardi scoccati dall’esterno cominceranno a colpire i commensali a morte, dando inizio ad un massacro senza fine perpetrato ai danni della famiglia da un gruppo di figure oscure armate di balestra e mascherate con delle strane effigi animali plastificate, raffiguranti il sembiante di una pecora.
Concentrando quasi tutta l’azione del film all’interno della casa, Wingard/Barrett mettono insieme una serie di suggestioni che partono sicuramente dallo Slasher degli anni ’90, quello rivisto in forma post-moderna da Wes Craven, ispirandosi in parte a The Strangers di Bryan Bertino, un po’ come succederà in alcune produzioni Americane a basso budget successive, penso a Smiley di Michael Gallagher e al più recente The Purge ( in Italia, “La notte del giudizio”) di James DeMonaco.
Lo sguardo di Wingard, grazie alla scrittura di Barrett interessata ossessivamente alle dinamiche famigliari anche nei momenti di violenza più cruda, subisce lo straniamento di una commedia nera e iperrealista che a tratti fa pensare ad un piccolo omaggio all’Angelo Sterminatore di Bunuel o ad un dramma di Pinter che si tinge di sangue, per questa autonomia drammaturgica dello spazio casalingo con i suoi confini invalicabili.
Sono gli oggetti della casa, travicelli, sedie, chiodi, martelli, coltelli da cucina, frullatori che diventeranno le uniche armi di difesa approntate da una sorprendente Sharni Vinson, che da tenera fidanzatina del professore, si trasformerà in un’agguerrita survivalista, addestrata in passato dal padre a sopravvivere nelle situazioni più estreme e capace di trasformare il nido casalingo in una trappola mortale, con quella stessa ambiguità che mina il nucleo famigliare dall’interno, vera immagine rovesciata del male.
Wingard si diverte ad estremizzare i caratteri e a ribaltare continuamente il senso; il tragico tentativo di fuga di Aimee con ghigliottina a sorpresa, l’incipit quasi pulp del film con Looking for the Magic della Dwight Twilley Band, adatta a scandire i tempi di una scopata ma anche quelli del primo massacro e che continuerà ad essere riprodotta per tutto il film con il repeat inserito sul lettore dei vicini di casa già morti, nella perversa riproduzione di una macabro quadretto famigliare su cui Wingard ritorna con insistenza, perchè al di là delle citazioni e dei riferimenti, quello che sembra resistere in modo a tratti prodigioso in You’re Next è l’idea di auto-distruzione di una comunità che si trascina fino alla folle, amara sequenza conclusiva.