17 ragazze è nelle sale Italiane in questi giorni, distribuito in 32 copie da Teodora Film.
Il primo lungometraggio delle francesi Muriel e Delphine Coulin, prodotto da Denis Freyd (tra i registi con cui ha lavorato, i fratelli Dardenne e Ursula Meier, ) ha ottenuto il premio speciale della giuria allo scorso Torino Film Festival dopo l’ottimo successo ricevuto a Cannes 64, dove si è segnalato come una delle più stimolanti rivelazioni Francesi insieme ad un altro debutto al femminile, quello di Eva Ionesco con il suo My Little Princess, di cui abbiamo parlato approfonditamente da questa parte su indie-eye.it.
Non è un accostamento casuale, entrambi i film, come ci ha raccontato approfonditamente Muriel Coulin in questa lunga video intervista in relazione al suo lavoro, vivono al centro di uno stato di transizione tra la realtà e la fiaba, tra il documento e la finzione, con la forza di un cinema delle sensazioni che corre il rischio positivo di farsi aptico, sensoriale.
Girato a Lorient, città-porto della Bretagna con un nome (in origine L’Orient) che evoca l’antica tradizione mercantile del centro Bretone con l’India, 17 ragazze si ispira ad un fatto avvenuto a Gloucester, nel Massachussets, dove 17 ragazze fra i 15 e 16 anni rimangono incinte più o meno contemporaneamente. Delphine e Muriel Coulin innestano questo spunto senza alcun interesse per il pamphlet socio-politico e lavorano sul corpo in un’accezione molto ampia.
È la trasformazione delle ragazze, è il corpo di una città divisa tra memoria, sogno e industria, è il contrasto tra il corpo collettivo e quello individuale.
Abbiamo incontrato Muriel Coulin in occasione della presentazione di 17 ragazze a Firenze e abbiamo parlato approfonditamente del suo modo di pensare il Cinema. L’intervista è stata realizzata da Michele Faggi, con il contributo di Caterina Liverani, la post produzione è stata realizzata in collaborazione con Mediacast Produzioni Audiovisive, media partner di indie-eye.it.
Un ringraziamento a Margherita Chiti, Stefano Finesi, Gianluca Buttari e a tutto lo staff di Teodora Film e uno davvero speciale a Massimo Fantoni, chitarrista e produttore di suoni tra i più sensibili in italia (suoi i suoni, buona parte degli arrangiamenti e parte della scrittura di Piccoli fragilissimi film di Paolo Benvegnù).
Proprio a questo proposito, il suono dell’intervista avrebbe dovuto essere diverso da quello che presentiamo, l’SD card installata sul registratore digitale con il quale acquisiamo esternamente l’audio con tre microfoni collegati, si è completamente “fottuta” e abbiamo dovuto utilizzare l’audio diretto dei microfoni “on board” della stessa videocamera. Massimo è giunto in nostro soccorso e ha ripulito tutti i rumori di fondo, cercando di restituire dinamica ad una voce che ovviamente mancava di prossimità. Considerata la sorgente di partenza, il risultato è davvero un piccolo, fondamentale miracolo.