Lara ha venticinque anni, ma non li dimostra. La sua vita, come quella di tante altre sue coetanee, è ancora quella di una teenager. Segue controvoglia i corsi di architettura all’Università – la famiglia, altolocata, ha già deciso per il suo futuro un posto sicuro nell’azienda del padre. Passa le serate in discoteca con l’amica del cuore, la coinquilina Nora, con la quale condivide anche un debole per il professore del corso di progettazione. Ed è proprio la gelosia per quest’ultimo a spingerla, una sera, ad un flirt occasionale con un giovane barista della discoteca che frequenta. Un incontro fatale, che la renderà incinta. La sua vita ha quindi una svolta: deve scegliere se tenere o meno il bambino. I genitori sono contrari – la madre, sfiorando la gaffe, afferma che lei da giovane, quando rimase incinta, non aveva avuto la “possibilità” di abortire -, ma Lara, alla fine, spinta anche da Nora, decide di terere il bambino. Forse sperando che questo bebè potrà dare un senso più definitivo alla sua vita.
Am himmel der tag – che, tradotto letteralmente, significa “orizzonti infranti” – è l’opera prima di una giovanissima regista tedesca, Pola Beck, classe 1984, al suo esordio nel lungometraggio di finzione con questo film realizzato alla fine della sua esperienza di studi cinematografici. Il film ha i pregi e i difetti tipici di un’opera prima. Nella sua impostazione è forse fin troppo classico, quasi didattico, e raramente “osa” veramente sul piano stilistico. La regista si dimostra, infatti, più interessata a trattare il tema d’attualità della maternità, piuttosto che confrontarsi con il linguaggio filmico. D’altro canto, non si può ignorare che l’approccio nei confronti del tema trattato si riveli verosimile e particolarmente sentito della regista stessa. Ciò, soprattutto grazie al lavoro svolto con l’attrice principale, Aylin Tezel (Lara): un personaggio estremamente naturale, fragile, ma anche caparbio: in sostanza, assolutamente complesso. Infatti, il passaggio tra un primo tempo più divertito ad un secondo tempo sofferto e angosciante si riflette bene sull’espressivita stessa dell’attrice, che riesce a mutare i proprio lineamenti per adattarsi meglio al cambiamento del proprio personaggio. Purtroppo, i personaggi di contorno non risultano così ben delineati, e rischiano spesso di scadere nel clichè e nello stereotipo. Nora, la compagna di Lara, è fin da subito delineata come un personaggio negativo, ritratta con eccessivo cinismo, sempre pronta ad indurre l’amica al peccato e alla trasgressione. Il professore universitario, che “flirta” con le allieve senza assumersi alcuna responsabilità, è un altro stereotipo forse un po’ troppo abusato al cinema.
Non si può però non riconoscere, ad Am himmel der tag, un nucleo di sequenze veramente intense e sentite. Su tutte, il pianto liberatorio di Lara mentre guarda, per la prima e l’ultima volta, il cadavere del suo bambino morto a causa di una complicazione pre-parto. Un momento importante, centrale, che segna una presa di coscienza da parte della ragazza: un primo passo verso quella maturità che forse ha sempre cercato di evitare o di rinviare.